DA MINNEAPOLIS – Le cerimonie solitamente hanno in comune una caratteristica: sono noiose. Le Inaugurazioni (cosi si dice) dei neoeletti Presidenti degli Stati Uniti non fanno eccezione. Eppure certe non si può fare a meno di seguirle, di mettersi davanti alla TV aspettando qualcosa di inatteso, qualcosa che spalanchi un po’ l’orizzonte e il cuore. Cosi è stato con quella di oggi, la “Inauguration” di Joe Biden a 46° Presidente degli United States of America e di Kamala Harris a Vice Presidente, prima donna e prima donna di colore ad arrivare cosi in alto.



È una cerimonia sobria, scaled down, dimensionata rispetto ai tanti, gravi problemi e rischi di questi tempi. Ogni tanto le telecamere inquadrano gli uomini della National Guard in tenuta da combattimento. L’assalto al Capitol ha reso tutto più fragile, a cominciare dalla nostra democrazia alla fiducia in se stessi. Siamo in mezzo a un guado, reduci da una battaglia elettorale che non sembra voler finire. Non è stata una campagna cosi drammatica come quella del 1801 che costò la vita ad Alexander Hamilton, non è stata una “Inauguration” armata come quella del 1861 con la cavalleria schierata a proteggere Abraham Lincoln, ma tensione e senso d’attesa innegabilmente erano bellamente presenti. Cosi come erano presenti (secondo tradizione) tutti i Presidenti ancora in vita eccetto Jimmy Carter (troppo anziano e malconcio) e Donald Trump. 



Tensione e senso di attesa perché l’America è in cerca di leadership, ha bisogno di leadership. Non una parte, tutta l’America ne ha bisogno, che sia disposta ad ammetterlo o meno. Per questo oggi tutti aspettavano al varco Joe Biden per misurare i suoi primi passi da Presidente. Ma prima di arrivare a Joe ed a suo discorso ci sono altre cose nel cerimoniale. Sono anche cose belle e significative se si riesce a guardarle senza assecondare quel senso di scontato e di retorica che ti ingolfano in circostanze come queste. Come che tutto cominci con una “Invocazione” a Dio misericordioso fatta dal Rev. SJ Jeremiah O’Donovan, che Lady Gaga accompagnata dalla Marine Band faccia venire la pelle d’oca quando canta l’inno nazionale come prendendo tutti per mano, che Jennifer Lopez ci offra “This Land Is My Land”, questa terra è la mia terra  (versione un po’ Broadway… non sono un suo fan), che a un certo punto Garth Brooks intoni “Amazing Grace”, che il giuramento della Harris e del Presidente si concludano con le parole “So help me God!”, che Dio mi aiuti!



Ed eccolo, il Presidente e il suo “address”, il suo discorso inaugurale. Sleepy Joe, l’uomo che qualche mese fa tutti davano per bollito e finito, politico (politicante per alcuni) di lunghissimo corso, generalmente stimato ma mai veramente amato.

Un discorso è un discorso, le parole son parole, eppure quelle del vecchio Joe, tra qualche riferimento storico e una citazione sulla ricerca della verità di Sant’Agostino – “Santo della mia Chiesa”, fa sapere a tutti – inaspettatamente non suonano vuote. Ma quando tra le parole è “unità” quella che comincia a emergere con più insistenza, nessuno sembra particolarmente colpito, nessuno applaude. La parola unità sembra quasi dividere: retorica o bestemmia. Ma Joe va avanti, insiste, vuole richiamare tutti al fatto che la diversità di opinioni non deve necessariamente portare divisione, che dobbiamo porre fine a questa “guerra incivile” dettata dalla politica. 

L’appello, l’accorato appello all’unità diventa il filo conduttore del suo discorso. Ora la gente, la sparuta folla ammessa alla cerimonia, applaude con convinzione. Pence no, ma secondo me vorrebbe. Unità, insiste Biden, “foolish fantasy”, la fantasia di un pazzo, ma ne abbiamo bisogno. Questo Paese si è sempre trovato a soffrire nella lotta tra ideali e realtà, dalla guerra civile, alla grande depressione, all’11 settembre. E la vittoria, dice Biden, non è assicurata. Abbiamo bisogno di unità.

Parole, certo. Ma meglio queste di altre. Meglio non sentire una parola – nemmeno una! – contro gli avversari politici che infuocare gli animi per innescare una campagna giustizialista.

Vedremo, Old Joe, vedremo che fine faranno le tue parole, se diventeranno semi di speranza o polvere.

Che Dio ti aiuti e che aiuti tutti noi a guardarci come ci guarda Lui.

So help me God!