La problematica legata alla disforia di genere è cresciuta in modo esponenziale negli ultimi anni. Quasi sempre come espressione di un profondo disagio in cui i giovani, in particolare gli adolescenti, restano intrappolati tra una sofferenza psicologica diffusa, che li fa sentire a disagio nel loro universo, e una forte pressione legata al vissuto della sessualità, soprattutto nel contesto LGBTQ+. Non di rado in quel clima culturale la dimensione ideologica si è fatta sempre più marcata, con esplicite richieste di blocco dello sviluppo della pubertà, in attesa che la decisione venga presa da un ragazzo in crisi e disorientato. La sua scarsa autonomia decisionale, in quel particolare momento della sua vita, viene assorbita da adulti che ambiguamente fanno riferimento ad un principio di autodeterminazione ancora immaturo.
Ma è proprio questo principio ad essere in crisi in momenti e contesti storicamente legati al disagio fisiologico degli adolescenti. Si crea di fatto un cortocircuito che mostra la sua fragilità nel processo di maturazione complessiva dell’adolescente, e riflette un rischio tutt’altro che irrilevante per l’immagine che l’adolescente va formando di sé stesso. Per comprendere meglio questo approccio, vale la pena considerare il disorientamento dell’adolescente anche in altri ambiti della sua esperienza esistenziale.
Incertezza sociale e scuola
Alcuni dati di particolare interesse vengono riportati dall’Osservatorio Teens, che ha coinvolto un campione nazionale di 900 ragazzi dai 15 ai 18 anni, intervistati on line. Complessivamente si tratta di due milioni di ragazzi, come riporta un recente articolo di Avvenire. Il mondo degli adulti ha difficoltà a comprendere le ragioni di questo disagio diffuso, presente già prima della pandemia, ma cresciuto durante quel periodo drammatico. In generale, tra i 15 e i 18 anni, i ragazzi sembrano avere meno fiducia in sé stessi, non sono consapevoli delle proprie capacità e delle proprie competenze, hanno una visione incerta della realtà e le loro attese per il futuro cambiano di giorno in giorno. Emergono prevalentemente emozioni negative, che coinvolgono gli adulti, e la caduta della fiducia nei loro confronti include genitori e insegnanti.
Verso la scuola gli adolescenti riflettono grande ambiguità: percepiscono una certa ostilità, spesso ricambiata, ma sanno anche che non possono farne a meno. Non sanno quale orientamento scegliere e con il crescere dell’età aumentano le criticità nel rapporto con i docenti. Uno studente su quattro è indeciso sul proprio futuro e particolarmente basso è il supporto che ricevono dalla scuola. Il 71% ha necessità di avere supporto nella scelta, ma il 68% ritiene che la scuola non li prepari al mondo del lavoro. In definitiva non sanno cosa fare del proprio futuro.
Si registra un aumento del pessimismo con il crescere dell’età. A 15 anni, uno su due degli intervistati vede il futuro come un’occasione e si sente ottimista; a 16 anni, questa percentuale scende al 43%, a 17 al 39% e ai 18 anni al 31%. Il 23% non sa cosa vuole fare da “grande”. Un’ampia ricerca di AlmaDiploma, che ha coinvolto 40mila diplomati, conferma che il disorientamento tra gli studenti in Italia inizia in tenerissima età, fin dalle scuole medie, dal momento in cui è necessario scegliere la scuola superiore: dopo averla frequentata, quasi il 50% dei ragazzi interpellati cambierebbe la scelta fatta.
Una domanda, dunque, sorge spontanea. Chi dovrebbe occuparsi di orientamento alla formazione e al lavoro degli adolescenti? Tutti e nessuno, secondo uno schema tipicamente italiano di polverizzazione istituzionale e sociale. Non sempre i genitori sono in grado di consigliare e indirizzare i loro figli con un metodo dal sapore maieutico. Aiutare un figlio a non sbagliare una scelta così importante è una responsabilità importante, che richiederebbe competenze trasversali, sensibilità psicologica e conoscenza profonda delle dinamiche di mercato: pretendere tutto questo da tutti i genitori è utopia.
La libertà è il grande dilemma di ogni genitore con un figlio adolescente. In tutti i Paesi occidentali il trend è simile: secondo una ricerca recente del Pew Research Center, dedicata alla transizione verso l’età adulta dei giovani americani, un genitore su quattro traccia la posizione dei figli fino ai 24 anni, ma questa protezione genitoriale “a oltranza” non sembra portare maggior benessere. Secondo la ricerca Child and adolescent mental health dell’Unicef, tra le persone di età compresa tra i 15 e i 19 anni, circa l’8% soffre di ansia e il 4% di depressione. Giovani disorientati e famiglie lasciate troppo sole: sono due tempi di una stessa partita. Non è facile per un ragazzo caricarsi di questa responsabilità in modo consapevole e “razionale”, facendo slalom tra tonnellate di fake news trovate in rete, pregiudizi, carenza di guide solide a cui fare riferimento.
Smontare i pregiudizi
Il primo passo consiste nello smontare pregiudizi e luoghi comuni. C’è un muro di incomprensione che divide il mondo dei grandi da quello dei ragazzi. Il 54% degli adolescenti pensa che gli adulti non li capiscano, e il 45% dei genitori si dice d’accordo, ammettendo di avere un approccio sbagliato verso i figli. Di fronte a relazioni sociali e familiari sempre più complicate, la crisi di identità è facile e quasi scontata. Il 75% degli intervistati ammette di fare fatica a parlare con i genitori, per cui sceglie la solitudine.
Secondo l’allarme lanciato dall’Unicef, in Europa circa 11,2 milioni di bambini e giovani entro i 19 anni, il 13%, soffrono di un problema di salute mentale. In particolare, nell’Ue si tratta di 5,9 milioni di maschi e 5,3 milioni di femmine. Tra le persone di età compresa tra i 15 e i 19 anni, circa l’8% soffre di ansia e il 4% di depressione. Sono dati resi noti dall’Unicef nella pubblicazione Child and adolescent mental health – The State of Children in the European Union 2024, in occasione della Settimana europea della salute mentale.
Il suicidio è la seconda causa di morte (dopo gli incidenti stradali) tra i giovani fra i 15 e i 19 anni nell’Ue. La metà (48%) di tutti i problemi di salute mentale a livello globale si manifesta entro i 18 anni, eppure molti casi rimangono non individuati e non trattati. Sempre nell’Unione Europea i dati sull’accesso ai servizi per la salute mentale da parte dei bambini sono limitati, ma le evidenze indicano che, nel 2022, per quasi la metà dei giovani tra i 18 e i 29 anni i bisogni di assistenza per la salute mentale non erano soddisfatti. Il disagio che riguarda i ragazzi può vedere l’implicazione di diversi fattori, alcuni anche di entità lieve se presi singolarmente.
In sintesi oggi abbiamo una anticipazione e un prolungamento della fase della adolescenza, con una ben più accentuata fragilità, anche per il disorientamento che colpisce gli adulti che dovrebbero aiutarli. Di fatto investe tutta la sfera dell’essere e dell’esistere di questi giovani e sarebbe assurdo che la sfera della affettività e della sessualità non venissero coinvolti in questo processo di ristrutturazione profonda dell’io adolescenziale. Ma proprio per questo eventuali crisi di disforia di genere vanno ricondotti ad una visione complessivo di un soggetto che sta crescendo e si sta trasformando per diventare una persona più matura a tutto campo, compresa la fase di gestione dei propri istinti e dei propri ormoni. Accompagnare gli adolescenti nella crescita è oggettivamente sempre più difficile, perché la loro fragilità riecheggia quella degli adulti che li circondano, con il loro carico di responsabilità e di difficoltà non risolte.
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