A maggio 2023 l’occupazione continua a crescere, anche se di poco (+0,1%, 21 mila unità). L’ha reso noto ieri Istat pubblicando i dati provvisori sull’andamento dell’occupazione e disoccupazione in Italia. Dato che gli inattivi (che non lavorano e non cercano lavoro) sono rimasti stabili (al 33,7%), è il tasso di disoccupazione a scendere, fino al 7,6%. Il tasso di occupazione sale al 61,2%.
Le notizie si mantengono buone anche rispetto all’anno scorso: a maggio 2023 rispetto a maggio 2022 gli occupati crescono dell’1,7% (+383 mila unità). L’aumento coinvolge uomini e donne in quasi tutte le classi d’età; non i 35-49enni in calo per effetto della dinamica demografica negativa. Questa classe di età si sta progressivamente sgonfiando; il suo tasso di occupazione è in aumento (+0,3 punti) solo perché la diminuzione degli occupati è meno rapida di quella della corrispondente popolazione complessiva.
La crescita continua anche per i contratti a tempo indeterminato, mentre calano quelli a tempo determinato. La percentuale dei tempi indeterminati è all’84% del totale dei dipendenti. Crescono anche i lavoratori autonomi, si potrebbe anche pensare che sia in corso un travaso da lavoro a termine a partita Iva visti i regimi fiscali di favore, come la flat tax, ma i dati in merito non dicono nulla.
Molti fattori positivi dunque, la tendenza rimane al rialzo, considerando anche il fatto che maggio, mese schiacciato tra la Pasqua e le campagne di assunzioni della stagione estiva, non è di solito il mese più dinamico dell’anno. Parlare del rallentamento del mercato in maggio non vale la pena.
Istat ha anche comunicato, due giorni prima, che l’inflazione continua a essere alta, i prezzi sono saliti del 6,4% rispetto all’anno scorso. Anche se la stampa plaude, è un taglio ulteriore agli stipendi reali; un taglio più basso di quello del mese scorso, ma comunque un taglio. Ricordiamo poi che i prezzi di alimentari, cura della casa e della persona (quello che si spendono per mangiare e stare puliti) salgono ancora del 10,7% annuale, non poco.
Quindi salari reali in calo, offerta di lavoro in crescita (verrebbe voglia di rispolverare vecchie teorie economiche…), e riassestamento del mercato del lavoro che continua adeguandosi alle spinte sui salari e alle normative fiscali (per le altre normative è presto, vedremo).
Possiamo prevedere un’estate infuocata sul versante del “non trovo dipendenti” e del “colpa del Reddito di cittadinanza” anche se quest’ultimo non c’è più, mentre risulta più difficile formulare una previsione sulla crescita futura del mercato. Qualche dubbio può venire dalla pausa del tasso di inattività. Il bacino degli inattivi è molto capiente e contiene persone che in qualche misura sono disposte a lavorare. Nei prossimi mesi vedremo se ci saranno ulteriori cali negli inattivi o se la quota resterà stabile o peggio ancora in crescita. In molte aree del Paese, è fra gli inattivi che occorre andare a cercare gli occupati del futuro.
Sappiamo che gli inattivi tra i 15 e i 64 anni di età sono 12 milioni e 505 mila. Oltre a studenti, inabili, persone in attesa di risposte o della pensione, a fine 2022 fra questi c’erano 1 milione e 28.000 scoraggiati, e un gruppo di persone che non cerca lavoro perché si occupa della propria famiglia: 2.836.000, quasi tutte donne: 2.708.000 (il 95,5% di questo gruppo).
Se una parte, anche minima, di questi scoraggiati/ostacolati dalle condizioni potranno tornare al lavoro dipenderà da una politica attiva che si occupi dei loro problemi, non dei processi prestabiliti dalle norme e dai programmi nazionali-europei-regionali. Sappiamo che dipenderà dalla capacità professionale di chi fa servizi per il lavoro e dalla disponibilità di risorse di supporto a lungo termine per avviare percorsi complessi di rientro sul mercato. Insomma ,sappiamo che per problemi complessi serviranno approcci nuovi; se no, come per le altre volte, qualcuno se la caverà dicendo che sono fannulloni.
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