Francesco Seghezzi (uno dei giovani giuslavoristi più brillanti della scuola di Michele Tiraboschi) è solito commentare, alla loro pubblicazione, i dati Istat sull’occupazione nel Bollettino Adapt, mediante dieci sintetici tweet. Per quanto riguarda il mese di maggio di quest’anno, l’ultimo tweet, riassuntivo, è lapidario. “In sintesi: dati buoni, probabile effetto estivo, ma con due soglie psicologiche (tasso occupazione e disoccupazione) importanti. Restano al palo i giovani”.
Le soglie psicologiche importanti si riferiscono al tasso di occupazione che sale al 59% e a quello di disoccupazione che scende al di sotto del 10% (come nel 2012). Emerge tuttavia una contraddizione: come si spiega un trend positivo dell’occupazione in un contesto economico non proprio brillante?
Ieri la Confindustria, attraverso il suo Centri Studi, ha trasmesso un flash sull’andamento dell’economia denso di preoccupazioni così riassunte: “L’economia italiana non decolla, penalizzata da tassi sovrani alti solo nel nostro Paese: l’export è poco positivo, gli investimenti in flessione, i consumi non accelerano. Si addensano nubi sullo scenario internazionale e il commercio resta bloccato: nell’Eurozona preoccupa la fiducia e i mercati non aiutano, anche l’industria Uk scivola, gli Usa sono in frenata, la Cina tiene”. Ma la pubblicazione dell’Istat ha un diverso segno. Nel trimestre marzo-maggio 2019 l’occupazione registra una crescita rilevante rispetto ai tre mesi precedenti (+0,5%, pari a +125 mila). Nello stesso periodo aumentano sia gli indipendenti (+0,5%, +27 mila), sia i dipendenti permanenti (+0,6%, +96 mila), sia, in misura lieve, quelli a termine; per tutte le classi di età si registrano segnali positivi a eccezione dei 35-49enni.
All’aumento degli occupati si associa, nel trimestre, un ampio calo delle persone in cerca di occupazione (-3,7%, pari a -100 mila) e degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-0,3%, -37 mila). Anche su base annua l’occupazione risulta in crescita (+0,4%, pari a +92 mila unità). L’espansione riguarda entrambe le componenti di genere, i 15-24enni (+43 mila) e soprattutto gli ultracinquantenni (+300 mila), mentre risultano in calo le fasce di età centrali. Al netto della componente demografica la variazione è positiva per tutte le classi di età.
La crescita nell’anno si distribuisce tra dipendenti permanenti (+63 mila), a termine (+18 mila) e indipendenti (+12 mila). Nei dodici mesi, la crescita degli occupati si accompagna a un notevole calo dei disoccupati (-6,9%, pari a -192 mila unità) e a una sostanziale stabilità degli inattivi tra i 15 e i 64 anni. Come si è fatto osservare pesa la componente stagionale, nell’ambito di un’estate che – come negli ultimi anni – favorirà una lunga stagione turistica.
Nel frattempo, nell’ambito della maggioranza, per iniziativa della Lega sta maturando la ricerca di una soluzione più flessibile per quanto riguarda la disciplina del contratto a termine come novellata dal cosiddetto Decreto dignità. La settimana prossima, alla commissione Lavoro della Camera dei deputati, approderà, infatti, la proposta di legge della Lega, che ha come prima firmataria Elena Murelli: è una sorta di dl Dignità bis che prova ad ammorbidire la stretta sui contratti precari introdotta appunto da quel provvedimento nel quale si è resa obbligatoria la causale nei contratti di lavoro da parte delle imprese in caso di proroghe dopo i primi 12 mesi.
I contratti collettivi potranno, stando al ddl leghista, individuare «causali aggiuntive» rispetto a quelle – invero assai rigide – previste dal Decreto dignità («Esigenze temporanee ed oggettive, estranee all’attività, ovvero per esigenze sostitutive di altri lavoratori» ed «esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria»). Quale scopo si prefigge questa operazione? Di certo si avverte l’esigenza di venire incontro a una realtà imprenditoriale molto diffusa nelle regioni centro-settentrionali, composta in prevalenza da piccole imprese. Ma non è estranea una preoccupazione dei sindacati, i quali si trovano ad affrontare una situazione nuovamente “dualistica” del mercato del lavoro dove sono aumentati i contratti a tempo indeterminato allo scadere dei dodici mesi “acausali”, a scapito però di un accelerato turnover dei contrattisti a termine.
Le aziende, infatti, quando sono costrette a misurarsi con l’obbligo di inserire una causale per proseguire di un altro anno il rapporto a termine, preferiscono, laddove vi sono le condizioni, di procedere a una nuova assunzione. È noto che in diversi casi i sindacati e le aziende hanno trovato il modo di aggirare l’ostacolo, ma sicuramente non sono alieni a trovare delle soluzioni contrattuali più flessibili.
Luigi Di Maio non ha reagito bene di fronte alla proposta leghista, facendosi scudo anche delle statistiche sull’occupazione di cui attribuisce il merito al Decreto dignità. Purtroppo dovrà accorgersi presto che non sono le norme ma l’economia a creare posti di lavoro.