La dissalazione dell’acqua potrebbe essere una soluzione al problema della crisi idrica, ma le proposte restano tali, da anni. Eppure, è un sistema in grado di far crollare il prezzo dell’acqua, oltre che una risposta alla scarsità idrica. Il riferimento è la Spagna, che vanta 765 impianti e produce ogni giorno oltre 5 milioni di metri cubi di acqua desalinizzata. Di questi impianti, 99 sono infrastrutture di grande capacità, in grado cioè di produrre dai 10mila ai 250mila metri cubi di acqua al giorno. Anche se è circondata dal mare, l’Italia non ha finora investito quanto potrebbe sullo sviluppo dei dissalatori. Come ricordato dal Sole 24 Ore, nel nostro Paese il più grande dissalatore funzionante ad oggi è quello della raffineria Sarlux di Saras, a Sarroch in Sardegna, ma a uso industriale, con una capacità di appena 12mila metri cubi al giorno.



Nel 2006 c’era anche l’impianto di Reggio Calabria, questo a uso potabile, ma attualmente è fermo, così come lo è l’80% dei circa 40 dissalatori presenti tra Toscana, Lazio, Puglia, Sicilia e Sardegna, tutti di dimensioni medio-piccole. La loro capacità di produzione complessiva di 17,8 milioni di metri cubi l’anno è, dunque, del tutto teoria, 2mila metri cubi al giorno. «Contro i 5 milioni della Spagna. Senza contare che la maggioranza di questi impianti, il 71%, è attiva in ambito industriale, pochi sono i dissalatori a uso potabile, il 29%, e nessuno è usato a scopo irriguo, sebbene in Italia si utilizzi moltissima acqua proprio per l’agricoltura», dichiara al Sole 24 Ore Pietro Tota, country manager per l’Italia di Acciona Agua, la divisione del gruppo spagnolo Acciona specializzata nel settore del ciclo idrico integrato e tra i leader mondiali nel settore della dissalazione.



DISSALATORI CONTRO CRISI IDRICA, MA ITALIA INDIETRO

Ci sono due progetti in corso al momento, uno promosso da Amap a Palermo, uno da Acquedotto Pugliese a Taranto, che sarà il più grande d’Italia, a fronte di una capacità di 55.400 metri cubi al giorno. Le cose stanno cambiando in Italia, come si evince dal Decreto siccità, che ad esempio prevede norme che semplificano gli iter autorizzativi per la realizzazione di dissalatori. Peraltro, grazie alle nuove tecnologie l’impatto energetico e ambientale è stato ridotto.

«C’è molta disinformazione sul tema della dissalazione. Si parla molto dell’inquinamento prodotto da questi impianti, in particolare all’ecosistema marino, ma le nuove tecnologie, soprattutto l’osmosi inversa di nuova generazione, consentono di risparmiare energia e di ridurre gli scarti», spiega Jose Diaz-Caneja, ceo di Acciona Agua, al Sole 24 Ore. Ci sono poi studi e progetti per riutilizzare gli scarti a uso industriale, in un’ottica di economica circolare. Per quanto riguarda i consumi energetici, i nuovi dissalatori consumano 2,8 kW per produrre un metro cubo d’acqua, quanto un phon acceso per un’ora, contro i 20 kW negli anni ’80. I vantaggi invece sono evidenti, anche in termini economici.



CON DISSALATORI CROLLA PREZZO ACQUA: IL CASO SICILIA

Lo dimostrano i due dissalatori inaugurati a Lampedusa e Pantelleria nel 2014, con una capacità di 10mila metri cubi al giorno ciascuno. Entrambi hanno permesso di sostituire il sistema tradizionale di approvvigionamento, quello delle navi cisterna (bettoline), che era costoso e complesso, visto che non era garantita la consegna in caso di cattive condizioni del mare. I due impianti garantiscono ora una fornitura stabile e continua di acqua, pagata circa 1,5 euro al metro cubo, contro i 16 euro al metro cubo quando era in vigore il vecchio sistema.

Diaz-Caneja evidenzia al Sole 24 Ore che i dissalatori dell’acqua da soli non risolvono il problema della siccità, ma se inseriti in un pacchetto di soluzioni, per approvvigionarsi da diverse fonti a seconda delle necessità, allora si possono ottenere «grandi vantaggi, sul modello di quanto avviene a Barcellona». Infine, i dissalatori possono contribuire alla riduzione delle perdite idriche, perché limitano la percorrenza dell’acqua nelle tubature.