I disturbi alimentari attanagliano sempre più persone in Italia, in primis i giovani. I numeri choc arrivano da Laura Dalla Ragione, docente in materia al Campus Bio-Medico di Roma e consulente del ministero della Salute. “Dal 2020 i casi di anoressia, bulimia e finge eating, le grandi abbuffate anche da decine di migliaia di calore in pochi minuti, sono aumentati del 30%, portando il numero complessivo di persone che ne soffrono a oltre 4 milioni” spiega a La Stampa. Nel 2023 sono stati 3.780 i decessi: si tratta della prima causa di morte tra gli adolescenti dopo gli incidenti stradali.
Una vera e propria epidemia cominciata a fine anni ’90 e acuita con l’esplosione dei social, che come spiega l’esperta hanno un forte legame con il boom dei disturbi alimentari. Tik Tok, Instagram e altri social esaltano il cibo ma anche la perfezione del corpo, “finendo per generare una dispercezione corporea che tanto più si manifesta in tenera età, tanto più è poi complicato intercettare e curare”.
Disturbi alimentari, raddoppiano i numeri dei bambini con problemi
I casi di disturbi alimentari aumentano soprattutto tra i più piccoli, tanto da poter parlare di una generazione di cibo-dipendenti. Tra i 12 e i 17 anni accusano problemi 3.2 milioni di persone. In sei anni sono raddoppiati i numeri dei piccoli che tra i 6 e i 12 anni hanno problemi seri con il cibo. Vent’anni fa il fenomeno interessava solamente l’1% dei maschi mentre ora la percentuale è del 20%, uno su 5. I dati sono in crescita, così come l’aumento in genere dei disturbi alimentari. Nei giorni scorsi non sono mancate polemiche dopo il taglio dei fondi destinati alla cura dei disturbi alimentari: oggi in varie città d’Italia sono scese in piazza migliaia di persone.
Orazio Schillaci ha assicurato di aver “trovato” i 10 milioni per finanziare il fondo dedicato. Il fenomeno è però in crescita. Servirebbe rafforzare i 126 centri specializzati, sottolinea La Stampa. Dalla Ragione aggiunge: “Sembrano tantum ma sono ancora inadeguati perché in molti casi si tratta di piccoli ambulatori dove lo psicologo si affaccia solo due o tre ore a settimana, quando invece servono team composti anche da psichiatri, nutrizionisti e terapisti della famiglia”.