Nel corso della pandemia da Covid-19 sono aumentati vertiginosamente anche i casi di disturbi alimentari. Si conta un +36% dei sintomi associati a disturbi alimentari tra i giovani e un boom di ricoveri: sono infatti aumentati del 48%, dunque più dei casi in sé. Un effetto domino che la pandemia ha portato con sé, facendo aumentare le persone affette da bulimia, anoressia nervosa e altre patologie cibo-correlate. I risultati emergono dallo studio dell’International Journal of Eating Disorder, condotto su una revisione di 53 ricerche su oltre 36 mila pazienti. L’età media dei pazienti è 24 anni: oltre il 90% sono donne. Secondo gli studiosi, si tratta di una fragilità psico-emotiva rimasta sommersa che durante la pandemia è uscita fuori a causa della solitudine, dell’allontanamento, del senso di abbandono e così via. I dati sono poi stati confermati in Italia da una ricerca del Journal of Affective Disorders nel 2021.
Claudio Mencacci, co-presidente della Sinpf (Società di Neuropsicofarmacologia) e direttore di neuroscienze e salute mentale all’ASST Fatebenefratelli-Sacco di Milano, ha puntualizzato: “I dati emersi da questo studio internazionale sono confermati anche in Italia, a carico soprattutto dei giovani. Una recente indagine multicentrica condotta in Italia su persone con disturbi alimentari, pubblicata sul Journal of Affective Disorders nel 2021, ha evidenziato che durante il lockdown vi è stato un aumento significativo di ansia (+20%), depressione (+20%), sintomi post-traumatici (+16%), panico (+30%) e insonnia (+18%). Dopo la prima fase acuta della pandemia (il lockdown) la gran parte di questi sintomi sono rimasti allo stesso livello, mentre i livelli ansia sono ulteriormente cresciuti (+10%) a testimonianza di un generale malessere e insicurezza generati dalla pandemia”.
Disturbi alimentari, la causa: parla il co-presidente della Sinpf
Matteo Balestrieri, co-presidente della Sinpf e professore ordinario di psichiatria all’Università di Udine, ha spiegato da cosa derivano i disturbi alimentari che sono sempre più diffusi tra i giovani: “Potremmo definirla una ‘fame di cibo e dell’anima’, un male del fisico e della mente che conferma la stretta relazione fra cervello e intestino, cui i pazienti con disturbi alimentari più esposti a depressione e ansia sono maggiormente sensibili rispetto alla popolazione generale. Ad aggravare il quadro della salute mentale e metabolica, anche la difficoltà di accesso alle cure, i contatti da remoto con i medici referenti, le incertezze correlate alla pandemia, i cambiamenti della normale routine, la perdita di punti fermi strutturale, e di contatti sociali, l’influenza negativa dei media”.
Il co-presidente della Sinpf ha concluso spiegato che “Rapporto alterato con il cibo, disagio psichico, limitazione di accesso alle cure sono un ‘trinomio’ drammatico per i pazienti con disturbi alimentari. Lo vedevamo ogni giorno nella ‘real life’, oggi è confermato dagli studi: il contesto pandemico, l’isolamento, la perdita di punti fermi, l’incertezza del futuro hanno acuito le fragilità di questa classe di pazienti che nel quotidiano si sono tradotte nella ricerca di più cibo, quale atto compensatorio e premiante dell’incapacità di accettare e gestire il cambiamento repentino della routine e le conseguenze che Covid ha generato”.