Una luce lilla illumina Palazzo Chigi. Non è un mix di colore azzurro e rosa, per fondere in modo fluido i colori di uomini e donne, è un abbraccio caldo che tocca il cuore, per ricordare il lavoro, l’impegno e il dolore di chi soffre di disturbi alimentari.
Le associazioni familiari, una ventina, con pazienti e operatori sanitari preparati e sensibili sul tema chiedono attenzione, politiche attive, strutture convenzionate per sostenere la fatica di chi lotta, e deve lottare, contro anoressia, bulimia eccetera (sono troppo poche sul territorio nazionale, e quasi nessuna al Sud).
Non sono manie legate alle mode estetiche imperanti. Sono il sintomo di un disagio, diventano, purtroppo, malattie, che se non curate sfociano in patologie drammatiche, fino all’incurabilità e alla disperazione. Sono in aumento: il 10 per cento della popolazione tra i 12 e i 25 anni, con una prevalenza di ragazze, ne soffre. La pandemia, chiudendo in casa i problemi, e condannando alla solitudine, ha accresciuto i casi anche in età infantile. Le diagnosi sono tardive, i malati, specie se bambini, lasciati a sé stessi, agli sforzi non sempre adeguati delle famiglie, all’incomprensione, alla paura, all’ignoranza.
I problemi psicologici allontanano, quando non si sa come prenderli, quando non bastano le giuste ragioni per risolverli, quando il buon senso che ti propone mille cose buone e sane da mangiare non trova risposta. Perché la sola risposta è l’amore, la vicinanza, e un supporto specializzato che preveda, quando è necessario, un’accoglienza in ambienti adatti, con il seguito di medici e assistenti preparati.
Non è l’ospedale, se non nei casi più gravi, cui non si dovrebbe arrivare mai: dai disturbi alimentari si guarisce, come si guarisce da altri mali. La prima risposta è parlarne, spiegare, nelle comunità educanti, scuola, sport, gruppi giovanili. La seconda risposta è bollare come assurde e improponibili mode che si danno per acquisite, che invitano a stilemi fisici irraggiungibili.
Lo si è detto, lo si grida, e continuiamo a vedere passerelle di esili e diafane figure femminili e ora anche maschili, e i video sui social più cliccati dai minori segnano strategie per dimagrire e ridursi a esseri trasparenti, che lascino appena trapelare il dolore. Ci vuole una luce. Quella che illumina la sede del governo oggi è solo un simbolo. Ma è stata accesa per segnare la strada, per illuminare l’uscita dal tunnel. Raccogliamo il testimone, e diciamo ai nostri figli e allievi e giovani amici il valore di ogni persona, e raccogliamo l’urlo che viene da corpi emaciati ad essere stretti forte, e accompagnati verso la felicità. Si può. E si deve. L’individualismo e il cinismo che chiudono i nostri piccoli spazi sono il buio, e nel buio ci si perde. Vale per tutti.
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