Disturbi mentali in aumento dopo la pandemia: per l’Oms negli ultimi anni riguardano 1 persona su 8 nel mondo. Nei Paesi ad alto reddito (ossia Ue e Usa), la metà di chi soffre di problemi psicologici non ha una diagnosi o non viene curato. In particolare, crescono ansia e depressione del 28% e del 26% rispetto al periodo pre-Covid, a dimostrazione che il periodo pandemico sia stato un acceleratore di certi problemi. “La trasformazione verso il digitale, conseguenza della post pandemia, ha provocato oltre a una sensibile riduzione del movimento, inteso sia come quantità di attività fisica praticata sia come spazio occupato nell’ambiente, anche una maggiore “immobilizzazione” emozionale” spiega Claudio Mencacci, presidente emerito Neuroscienze-Fatebenefratelli di Milano e co-presidente della Società italiana di Neuro-Psico-Farmacologica.



Secondo l’esperto, “la connessione virtuale, infatti, ha “svuotato” le emozioni e ciò ha, a sua volta, facilitato lo sviluppo di un pensiero dalle connotazioni più pessimistiche, influendo sulla difficoltà a maturare un pensiero lungo, costruttivo, orientato al futuro”. Le diverse forme di depressione sono ancora troppo spesso banalizzate o declassate, sottolinea il Corriere. Chiunque vi può soffrire, indipendente dall’età, dal sesso, dalla classe sociale: è comunque nella prima e seconda adolescenza, nell’età avanzata e nelle donne che questa è più evidente, probabilmente a causa del maggior isolamento sociale.



Disturbi mentali post pandemia: giovani sempre più isolati

Come sottolinea il Corriere, la depressione riduce le aspettative di vita in media dai 10 ai 14 anni poiché aumenta sensibilmente l’insorgere dei quattro “big killer” ossia malattie cardiovascolari, malattie polmonari, diabete e tumori. Tali malattie hanno ovviamente importanti ricadute sulla pressione ospedaliera: per questo rappresenta “una crisi sanitaria che richiede risposte a più livelli, rendendo necessarie azioni congiunte per trasformare gli approcci alla cura e alla prevenzione della malattia mentale a livello globale”, come spiegato da Mencacci. L’esperto prosegue: “Le ultime ricerche mostrano che la depressione potrebbe avere anche un ruolo nel favorire il decadimento cognitivo in età anziana”. Se questo fosse confermato, potrebbe aprire nuovi approcci di diagnosi e cura della demenza e patologie neurodegenerative come anche l’Alzheimer.



In Italia, sottolinea uno studio condotto dall’Irccs Stella Maris di Pisa e la Ausl di Bologna, sono almeno 700mila gli adolescenti dipendenti da web, social e videogame: tale approccio rischia di far perdere loro il senso della realtà, sostituendo il reale con ciò che reale non è. “Per i maschi il rischio maggiore è la dipendenza dai videogiochi, le femmine invece “vivono” di social, in particolare TikTok, Instagram e Twitch, ma il risultato non cambia”, spiega Emi Bondi, presidente della Società Italiana di Psichiatria. Sono abitudini che fanno aumentare l’isolamento emotivo, accentuando la rottura con il mondo reale. In questo contesto di aumento di disturbi mentali post pandemico, accelera anche il consumo d’alcol, droghe e farmaci. Massimo Clerici, professore di Psichiatria dell’Università degli studi Milano Bicocca, spiega come l’accettazione ormai generalizzata che esistano sostanze ‘che non fanno male’ e che possano essere utilizzate tranquillamente soprattuto se derivano dal ‘mercato naturale’, ha portato ad un abbassamento della soglia di percezione del rischio.