Fiorello ha celiato con intelligenza, come suo solito, sulle gaffes fuori onda del consorte della presidente del Consiglio, colpevole di aver fatto complimenti un po’ vanesii e ammiccanti a una collega: “Lo sa la Meloni che adesso si può divorziare in 24 ore?”. Già, è proprio così. La Cassazione ha sentenziato che quanto previsto dalla riforma Cartabia è legge dello Stato, applicabile su tutto il territorio nazionale, senza discrezionalità da parte di diversi tribunali. Se tanta solerzia portasse a sottomettere alle leggi i giudici su altre cause, è altro discorso. Evidentemente snellire le pratiche vale solo quando si tratta di assestare colpi alla famiglia.
Che c’entra, si dirà; se ci si vuol dividere, ridicolo pagare avvocati e perdere tempo in due cause diverse, per la separazione e per il divorzio. Solo che il tempo conta, e cambiare idea è lecito, e capita spesso. Dopo un tradimento, per un capriccio amoroso, per una litigata furiosa, si può pensare mai più, è finita. Poi, col tempo, si ragiona, e strano a dirsi, ci si perdona perfino, perché così grazie a Dio è fatto il cuore dell’uomo. Non solo istinto, ma ragione, e memoria. E un bravo giudice, mettendo i coniugi col tempo dovuto davanti alle ragioni e ai torti, alle conseguenze di una scelta, magari rispetto ai figli, questi sconosciuti, può permettere un ripensamento.
Il punto è che questi ripensamenti non si vogliono. Che si pensa ai legami familiari come un ostacolo alla libertà, al poliamore. Non sto parlando di situazioni drammatiche in ci il divorzio, rapido, deciso, è la necessaria soluzione per allontanare la parte ferita, e tutelarla. Purtroppo le violenze anche estreme avvengono quasi sempre fuori dal matrimonio, o in contesti culturali in cui il divorzio non è neppur contemplato. Penso alla quotidianità più banale segnata dall’impulsività, dall’individualismo, dai cambiamenti d’umore, da rabbie e disistima che possono mutare, col tempo. Ma non abbiamo più voglia di attendere, di cercare soluzioni, di pazienza, di affidarci a qualcuno che possa metter pace, e aiutare a ricomporre i dissidi.
Qualche carta da firmare, e via. Un colpo di spugna su un pezzo di vita. Senza pensieri, liberi. Davvero?
Nessun martirio è connaturato all’amore. Ma nella sentenza della Cassazione non si fa menzione dei figli, appunto. I bambini non contano. Non si reputa accettabile tentare un ricomponimento delle liti, delle fatiche, almeno per il loro bene. Questa la chiamano libertà. Questo rancoroso sguardo alla famiglia che da decenni viene picconata come sentina di ogni male è una sventura non solo per il simbolo, sempre più solo, ma per l’intera comunità. Liberi e soli, senza legami, pensiamo di essere più felici?
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