Dati, voti espressi, curricula. Profili, contatti, prove di appartenenza al “partito della rete”. E poi opinioni e visioni politiche. In pratica una mappa completa, fatta di schede dettagliate.

La partita tra Casaleggio junior e Conte-Grillo si gioca su questo patrimonio, che vale più di 70mila iscritti, tra grillini della prima ora e convertiti al governismo. Conte non sa bene come muoversi: annuncia novità, esorta, spera di mediare. Poi si blocca, si interroga, qualcuno lo sprona, altri lo fermano. C’è chi gli assicura che quelle informazioni appartengono ai parlamentari in carica, chi gli ripete che andare in tribunale farebbe perdere consensi al costruendo movimento-partito della transizione ecologica, del moderatismo, dell’europeismo, del tandem con il Pd di Enrico Letta, Fedez e tutto il mondo arcobaleno che vedrebbe bene Romano Prodi alla presidenza della Repubblica.



Casaleggio non molla, perché “la piattaforma Rousseau – dice un interno, una “gola profonda” – gli permetterebbe di ricostruire una forza di opposizione tendente a destra, di proseguire l’attività di impresa, sperando di risorgere dalle ceneri”. Casaleggio junior vuole recuperare soldi. “Centinaia di migliaia di euro”, secondo un recente espulso, che prova a guardarsi intorno. I 5 stelle di governo hanno smesso di versare da un pezzo, altri sono andati via e non ci pensano proprio a foraggiare Rousseau. Tempi duri: nel futuro parlamento non torneranno molti degli eletti pentastellati. Quindi bisogna mettere da parte quanto possibile, anche oltre il Trattamento di fine rapporto, cui diversi grillini, anche finiti nel Misto, non vogliono rinunciare. “E perché, poi?”, si chiede una deputata pentastellata, che obietta: “Lavoriamo tanto, ci mettiamo l’anima, facciamo sacrifici e abbiamo già restituito molto più di 100 mila euro a testa”. “Nessuno – aggiunge la parlamentare – ha fatto lo stesso. Soltanto noi abbiamo dato un esempio, che può bastare”.



Insomma, c’è un chiaro problema di denaro, che sta frantumando il movimento del Reddito di cittadinanza e dell’apertura del palazzo come una scatoletta di tonno. Le due vecchie anime, quella di Di Maio e quella di Di Battista, si stanno allontanando sempre di più. Casaleggio può contare su una cinquantina di parlamentari 5 stelle e su una trentina di fuoriusciti. Le acque si muovono ogni giorno. Si susseguono telefonate, gli espulsi Nicola Morra e Barbara Lezzi cercano di compattare il gruppo dei duri e puri e Alessandro Di Battista attende segnali concreti. L’identità e i temi sono già definiti: giustizialismo, lotta ai privilegi della politica, ritorno alla rete come strumento di decisione, No al governissimo Draghi: all’ex numero uno della Bce, a Salvini, Berlusconi, al Pd, a Renzi, all’“inciucio”. “Dati e strumenti sono disponibili, così si salva il salvabile e si riparte”, commenta un ex 5 stelle, che chiede di non essere nominato, “perché potrebbe scoppiare un casino”.



Dal canto suo, Conte è rincuorato da ministri e sottosegretari pentastellati, che gli ribadiscono due punti: che il suo nome tira e unisce; che alle prossime elezioni c’è modo di battere il centrodestra, ma bisogna sbrigarsi e definire prima delle prossime Amministrative.

Tuttavia, Conte è titubante, non è convinto e in cuor suo vorrebbe riunire tutto il vecchio Movimento. Ma tra i grillini di centro c’è chi gli consiglia di lasciar perdere, perché, dice un organizzatore del nuovo corso, “in quell’ala ci sono invasati, fanatici, incapaci di capire il vento e il momento”.

Questa è la prova più difficile per Conte, sopravvissuto a due governi che sembravano impossibili e caduto per mano di Renzi. “Se passa maggio, non se ne fa più niente e perdiamo il presidente”, giura un parlamentare 5 stelle al secondo mandato, che confessa: “La storia di Crimi è superabile, si può trovare il modo di ripartire da capo, anche con un nuovo nome. Non abbiamo bisogno di Casaleggio e degli ex che gli fanno il filo per essere rieletti. Meglio divorziare definitivamente”.

Al di là dei sondaggi, che entusiasmano i 5 stelle di governo, il rischio è che a furia di attendere il Movimento si estingua tutto per indecisione. Si è rotto nel tempo il “Contratto societario” di Rousseau.

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