DJOKOVIC: “ERO POSITIVO E HO VIOLATO ISOLAMENTO”. IL MISTERO DEL TAMPONE
Novak Djokovic ha ammesso di avere violato il periodo di isolamento a cui si sarebbe dovuto sottoporre poiché risultato positivo al Covid-19 lo scorso 16 dicembre. Due giorni dopo, infatti, ha incontrato il team dell’Equipe a Belgrado per la realizzazione di un’intervista e la consegna del premio di miglior atleta dell’anno. “Non volevo deludere il giornalista, ma mi sono assicurato di mantenere il distanziamento sociale e di indossare una mascherina, tranne quando mi hanno fotografato. Dopo sono tornato a casa per il previsto periodo di isolamento, ma ripensandoci è stato un errore di giudizio e ammetto che avrei dovuto riprogrammare l’impegno”, ha scritto in un post su Instagram. Il tennista ha negato, invece, le altre comparse in pubblico successive, definendole “disinformazione”.
I dubbi in merito alla vicenda, tuttavia, sono tanti. Il tampone è stato infatti effettuato il 16 dicembre, ma il tennista serbo sostiene di essere venuto a conoscenza dell’esito soltanto il giorno successivo, dopo la sua partecipazione a un evento di tennis giovanile. Nella dichiarazione giurata alla corte di circoscrizione federale, al contrario, si legge che il test è stato “esaminato e diagnosticato” proprio in quella data. Inoltre, secondo il quotidiano tedesco “Der Spiegel”, ci sarebbero persino alcune discrepanze tra il referto in versione cartacea ed in versione digitale: uno sarebbe negativo, l’altro positivo.
DJOKOVIC: “ERO POSITIVO E HO VIOLATO ISOLAMENTO”. LE DICHIARAZIONI FALSE
La violazione del periodo di isolamento, tuttavia, non è l’unica ipotesi di reato per cui Novak Djokovic è sotto le lente di ingrandimento. Il tennista serbo, al momento del suo ingresso in Australia per la partecipazione al torneo, avrebbe infatti fornito, secondo quanto riportato da Ansa, una dichiarazione di viaggio con informazioni false. In particolare, nel questionario sul Covid-19 c’era scritto che non aveva viaggiato negli ultimi 14 giorni. In quelle due settimane, in realtà, l’atleta di solito residente a Montecarlo è stato visto in Spagna e in Serbia.
“Il mio agente si scusa in modo sincero per l’errore amministrativo nel segnare la casella sbagliata” e “questo è stato un errore umano e di certo non deliberato”, ha scritto il tennista in un post su Instagram, aggiungendo che il suo team ha “fornito informazioni aggiuntive al governo australiano per chiarire la questione”. Il Ministero dell’Immigrazione, infatti, non si è ancora espresso in merito all’espulsione dell’atleta dal Paese, sebbene il Tribunale di Melbourne abbia accettato il ricorso del diretto interessato sulla cancellazione del visto. La Border Force sta proseguendo le indagini: la situazione resta in bilico.
DJOKOVIC: “ERO POSITIVO E HO VIOLATO ISOLAMENTO”. COSA RISCHIA
La mancata o meno partecipazione agli Australian Open, ad ogni modo, potrebbe essere adesso l’ultimo dei problemi di Novak Djokovic, che probabilmente dovrà rispondere di fronte alla giustizia a quanto combinato nelle ultime due settimane. Il filone di indagini si basa infatti su diverse ipotesi di reato, tra cui la violazione della quarantena e la falsificazione del questionario Covid. Per quanto riguarda ciò che concerne l’Australia, in base al Crimes Act, la pena massima per le dichiarazioni false è pari a cinque anni di carcere.
Dal punto di vista strettamente sportivo la situazione non è migliore. Il tennista, come riporta la Gazzetta dello Sport, potrebbe infatti rischiare una squalifica di tre anni. È questa la sanzione prevista dall’AFP “qualora un giocatore venisse scoperto a falsificare il risultato di un tampone”. In quel caso si tratterebbe di un fulmine a ciel sereno per il serbo, che ha 34 anni e vedrebbe terminare nel peggiore dei modi la sua straordinaria carriera.