WIMBLEDON 2021: VINCE DJOKOVIC, BERRETTINI DA APPLAUSI
Cosa ci lascia la vittoria di Novak Djokovic a Wimbledon 2021? Come sempre, dopo uno Slam i discorsi che si possono fare sono tanti. Per una volta, sia concesso partire dallo sconfitto: ci piace sottolineare che, poche ore dopo il ko, sfruttando la vicinanza geografica Matteo Berrettini fosse in tribuna a Wembley a fare il tifo per l’Italia, stavolta potendo esultare per il trionfo azzurro (la sua reazione agli ultimi rigori è stata immortalata via Instagram da Ajla Tomljanovic, la fidanzata che era al suo fianco in tribuna). Intervistato da Sky Sport con Gigio Donnarumma, Berrettini ha mostrato una grande serenità che è la stessa degli istanti che hanno seguito la sua partita: sapeva Matteo di dover scalare una montagna, aveva anche iniziato a farlo vincendo in maniera incredibile il primo set ma si è dovuto fermare di fronte a un fenomeno. Il tempo è dalla sua (soprattutto in rapporto all’età dei Big Three, che lasceranno una voragine dietro di loro).
Potrà tornare a una finale Slam e anche vincerla, l’importante – retorico e scontato, ma anche vero – è che si trovi il giusto equilibrio nei giudizi. Vale a dire: adesso Berrettini deve iniziare ogni grande torneo con l’obiettivo di vincerlo, classifica e prestazioni ci dicono che non possa più essere considerato favola o meteora (non lo era nemmeno a Wimbledon 2021) ma gli appuntamenti nella carriera di un tennista sono talmente tanti che non ci dovremo stupire se, per esempio, agli Us Open il romano dovesse uscire al terzo turno – certo poi dipenderà dall’avversario, eccetera. Altrimenti si rischia la confusione: se vince è un miracolo sportivo (giusto per ingigantirne la proporzione a uso e consumo dei titoloni), se perde delude (citofonare Sinner per referenze). Non funziona esattamente così, di suo Berrettini qualcosa del suo gioco dovrà migliorare (il rovescio) e sa bene che a questi livelli la mentalità fa la differenza.
WIMBLEDON 2021: DJOKOVIC FA 20, E ORA?
Dall’altra parte, la finale di Wimbledon 2021 ci consegna un Novak Djokovic cannibalesco. Slam numero 20: eguagliati Roger Federer e Rafa Nadal, ma c’è un dato che impressiona ancora di più. Dieci anni fa, arrivando a Londra, Nole non aveva ancora vinto i Championships: in bacheca c’erano due Australian Open mentre Federer aveva 16 Slam contro i 10 di Nadal. Bene: da quel momento, in 10 anni, Djokovic ha vinto 18 Major contro i 4 del Re e i 10 di Rafa. Questione di età? Forse, ma varrebbe la pena ricordare che all’epoca Federer non aveva ancora 30 anni, avrebbe rivinto Wimbledon di lì a un anno e sarebbe più volte tornato in finale (contro il serbo, ça va sans dire). Nole non aveva giocato gli Us Open del 2017, quindi ha vinto 18 degli ultimi 39 Slam (il 46,1%); in questo lasso temporale è arrivato in finale per un totale di 26 volte, cioè due ogni tre tornei; ha vinto otto delle ultime 9 finali Slam disputate; al Roland Garros è diventato uno degli unici tre giocatori nella storia (gli altri sono Rod Laver e Roy Emerson) ad aver vinto almeno due volte ogni Major, ma il primo di sempre in era Open.
Potremmo stare ore a disquisire degli avversari, del momento storico, del tipo di gioco, addirittura di simpatia o meno (un discorso che nel giudicare i meriti sportivi non dovrebbe mai avere cittadinanza); intanto allora dovremmo farlo anche per altri (da Federer a scendere, soprattutto per il Re e i primi anni di dominio – lungi da noi sminuirli, ma sarebbe un discorso estremamente lungo), molto meglio sarebbe celebrare un vero e proprio fenomeno che, al netto delle preferenze (Nole può benissimo non piacere, è del tutto legittimo) ha conquistato tutto con etica del lavoro e voglia di migliorarsi sempre. Chiosa finale: solo Steffi Graf ha completato il Golden Slam (i 4 Major più le Olimpiadi nello stesso anno solare), sono passati 52 anni da quando Rod Laver fece il Calendar Grand Slam per la seconda e ultima volta. A Djokovic mancano due tornei per emulare la tedesca, solo gli Us Open per eguagliare Laver (ma anche Don Budge).
WIMBLEDON 2021: COME NE ESCONO GLI ALTRI
Wimbledon 2021 è dunque finito: ha vinto Novak Djokovic, ma come ne escono gli altri? Male Roger Federer, che a Wimbledon non aveva mai perso un set per 6-0 e non incassava tre set a zero ai Championships dal 2002 (era testa di serie numero 7, perse di schianto dal qualificato croato Mario Ancic, dall’anno seguente instaurò il suo regno su erba): fa male dirlo, ma il Re che lascia il campo centrale affermando di non sapere se vi tornerà da giocatore è quanto di più naturale ci si possa aspettare da un signore che ha quasi 40 anni, e che da tempo non è – ovviamente – più lo stesso, tanto da farci chiedere (ancora, l’ultima volta ci zittì tutti) se davvero non sia il caso di chiuderla qui (ma, puntualizziamo: è giusto e sacrosanto che sia lui a decidere, noi possiamo solo ammirare e applaudire, ringraziando di aver vissuto nella sua epoca). Ne esce malissimo Stefanos Tsitsipas, ed è un peccato perché i giovani qui hanno fatto bene: semifinale per il giustiziere di Federer Hubert Hurkacz e Denis Shapovalov (che ha mostrato lampi di enorme classe alla prima Top 4 in uno Slam), quarti per Félix Auger-Aliassime (che ha eliminato Alexander Zverev, all’ennesima delusione) .
Certo anche qui andrebbe fatta una specifica: alcuni di questi cominciano ad avere i loro anni, è inevitabile che più si va avanti e più si incroceranno tra loro (come appunto accaduto qui) e giustamente cominciamo a chiederci quando arriverà il vero cambio di passo, perchè d’accordo i Big 3 ma qualche Slam in più rispetto agli 0 di oggi (Thiem a parte) avrebbe già potuto (dovuto?) esserci. Da Wimbledon 2021 esce più frastornato di quanto avrebbe voluto Jannik Sinner: siamo convinti che la sconfitta al primo turno – su cui c’è poco da dire: capita e va accettata, ne capiteranno altre anche più in là eventualmente – abbia influito sulla decisione di non andare alle Olimpiadi. Non sapremo mai (forse) se l’abbia presa lui in prima persona o qualcuno che lo “gestisce”, di certo appare un autogol che però deve trovare il giusto peso nei commenti: Jannik ha 19 anni, è un campione in erba ma vittoria e sconfitta vanno sempre pesate, e così le scelte di carriera per quanto ragionate o meno, sensate o meno, “forzate” o meno (vale per lui quanto detto per Federer: alla fine della giornata ci fa i conti lui, non altri). Ce lo ricorda Rudyard Kipling all’ingresso del campo centrale di Wimbledon: teniamolo sempre a mente.