Ora si può spendere di più. Il Patto di stabilità è stato sospeso. Resta lì, appeso sulle nostre teste come la spada sul capo di Damocle, ma oggi come oggi nessuno è in grado di prevedere cosa accadrà. È opinione molto diffusa che finirà nel cassetto della storia e che questa Europa sconvolta dalla pandemia dovrà ricominciare su basi nuove. Vedremo come l’Eurogruppo imposterà questa “operazione sollievo”. Va aggiunto che Ursula von de Leyen ha aperto la porta anche a un utilizzo d’emergenza del Fondo salva-Stati (alias Meccanismo europeo di stabilità) e all-emissione di titoli ad hoc, i cosiddetti corona-bond. Poi c’è la moneta stampata dalla Banca centrale europea, circa mille miliardi di euro entro l’anno, comprando titoli pubblici e privati. Insomma, abbiamo oggi margini di manovra che prima non esistevano.
I veti rigoristi sono caduti; meglio tardi che mai. La Germania ha annunciato ieri che aumenterà il proprio debito di circa il 10% del prodotto lordo, pari a circa 356 miliardi di euro: 156 miliardi per l’emergenza, 100 miliardi per un nuovo fondo di stabilizzazione e 100 miliardi per la KfW, la banca di Stato simile alla Cassa depositi e prestiti. È vero, il debito tedesco oggi è inferiore al 60% del Pil, quindi c’è grasso da spalmare, ma i 25 miliardi stanziati dal Governo italiano sono noccioline. Ma questo era chiaro a tutti. Giuseppe Conte e Roberto Gualtieri aspettavano l’allentamento delle redini da parte di Bruxelles per presentare un nuovo pacchetto. È quel che dobbiamo attenderci nei prossimi giorni. Ma quanto verrà stanziato?
Secondo le stime più attendibili, il debito italiano sul prodotto lordo viaggia verso il 150%, con un aumento di 15 punti, ma una volta sciolte le briglie che tenevano il disavanzo entro il 3% del Pil, l’indebitamento sarà molto elevato. Quanto elevato? Non ci sono più limiti? Una parte dei nuovi titoli verrà comprata da Christine Lagarde. Calcolando che la quota dell’Italia è pari al 17%, circa 185 miliardi dei mille e rotti emessi quest’anno andranno alla Banca d’Italia per conto della Bce. Sono in scadenza titoli italiani per 300 miliardi di euro, altri andranno aggiunti a seconda di quanto sarà ampio il disavanzo, ma sembra realistico che tra il 57% e il 60% dei nuovi Btp sarà coperto dalla banca centrale. Il resto va ai risparmiatori, alle banche, ai fondi, al mercato. L’Italia è solvibile, come dice da sempre via Nazionale, tuttavia è importante capire non solo quanto verrà speso, ma come.
Si può ipotizzare che il nuovo pacchetto di misure anti-crisi debba innanzitutto stendere la coperta anche su chi è rimasto fuori dalla prima tranche, in particolare tra i lavoratori autonomi. C’è poi da chiarire una questione di fondo: che fine faranno le imposte? Lo slittamento non basta, né sarà possibile che le somme dovute vengano versate da tutti e in un colpo solo, magari già a giugno. È realistico attendersi una rateizzazione. Sarebbe meglio se venisse decisa tenendo conto di chi sta pagando più cara la ricaduta economica della pandemia: non solo i poveri, ma categorie e lavoratori dei settori maggiormente colpiti per i quali la perdita di fatturato in questi mesi non verrà più recuperata. Si pensi al turismo, ma non solo; molti comparti industriali difficilmente avranno nella seconda metà dell’anno un rimbalzo tale da compensare la recessione del primo semestre. La ripresa non sarà a V nonostante alcune ottimistiche previsioni. Speriamo che la curva non disegni una L. Probabilmente sarà una U, cioè ci sarà un intervallo abbastanza lungo tra la caduta e la risalita.
Se questo è vero, tutta l’operazione rilancio andrà ben calibrata. A parte le uscite per ammortizzatori sociali, per i salvataggi e per tamponare la caduta di reddito, il prossimo pacchetto dovrà prevedere anche una manovra sugli investimenti, quelli pubblici (si pensi allo sblocca-cantieri che non è mai stato sbloccato), ma anche quelli privati. Sarà necessario riprendere in mano Industria 4.0 e lanciare nuovi incentivi. Basti pensare che oggi, chiusi nelle nostre case, siamo tutti dipendenti da un’infrastruttura di rete arretrata; incrociamo le dita affinché non salti. Le risorse a disposizione vanno indirizzate verso scelte prioritarie: la sanità innanzitutto, le infrastrutture (a cominciare da quelle digitali, decidendo finalmente la sorte della rete attuale e il passaggio alla fibra ottica), il sostegno alle imprese e ai settori che possono scattare come molle appena l’emergenza sarà per lo meno attenuata, lo scioglimento di alcuni nodi che con la crisi si sono fatti ancor più aggrovigliati.
Che ne sarà dell’Ilva di Taranto? Davvero il Governo pensa di gestire l’Alitalia dopo le tremende esperienze del passato? I contribuenti, superata la tempesta, saranno disposti a gettare il loro denaro (ciò che resta) in quel pozzo senza fondo? E le autostrade? Vogliamo sul serio pagare non si sa quanti miliardi per espropriare i Benetton, anziché farli investire nella messa in sicurezza e nello sviluppo della rete? Sono tre buchi neri (e non sono i soli) che verranno di nuovo allo scoperto quando avremo bloccato la pandemia. Vedremo nei prossimi giorni se ci sarà non solo il necessario aiuto alle famiglie e alle imprese, ma anche una strategia per il domani, quando la notte oscura avrà lasciato il posto all’alba.