“Ciò che mi ha colpito in questa emergenza coronavirus è la narrazione. La famiglia non è mai stata considerata, anche negli interventi pubblici del presidente del Consiglio e dei vari ministri. Nessuno ha fatto una conferenza stampa dicendo: ‘Guardiamoci negli occhi, famiglie: senza di voi, saremmo in condizioni ben peggiori. Grazie che avete tenuto, che avete fatto il meglio, e non era scontato. Noi ci fidiamo di voi, ascoltiamoci a vicenda’. Ora mi domando: quanto le famiglie italiane hanno fatto risparmiare allo Stato? Si può quantificare il lavoro di cura di cui si sono fatte carico? Ci saremmo aspettati una gratitudine istituzionale e decreti più attenti al ruolo delle famiglie. Invece, più che sussidiarietà abbiamo ricevuto sudditarietà”. Gigi De Palo, presidente del Forum delle associazioni familiari, è molto amareggiato e deluso dalle misure contenute nel decreto Rilancio: congedi parentali, voucher baby sitter, aiuti agli autonomi, diritto al lavoro agile, bonus vacanze.



Il governo ha messo in campo un carico da 80 miliardi di euro. Perché tanta delusione, amarezza e stanchezza?

Nei vari decreti si è considerata la famiglia non come soggetto sociale, ma come somma di differenti contratti che abitano nella stessa casa oppure come luogo dove poter spendere i voucher baby sitter o far lavorare le colf. Se si considera la famiglia tutto questo, il decreto Rilancio è pieno di attenzioni alla famiglia.



Invece?

La famiglia non è questa, è un soggetto sociale, che ha svolto un ruolo sussidiario, di welfare silenzioso, di ammortizzatore sociale in maniera ineccepibile, che ha risolto problemi che lo Stato nemmeno di sognava di poter risolvere in una crisi di questo tipo, Ci si aspettava una risposta diversa.

Di che tenore?

Occorreva andare ad aiutare soprattutto le famiglie con figli, calibrando i vari interventi sul numero dei figli. Così non è stato.

Non vi hanno ascoltato?

Hanno recepito le nostre sollecitazioni, ma non le hanno sviluppate.

E’ un problema di risorse o di impostazione?



C’è una discriminazione fiscale in Italia verso la famiglia, che è anche anticostituzionale, perché l’articolo 53 della Costituzione recita in maniera molto chiara che “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva” e la capacità contributiva non dipende solo dallo stipendio, ma anche di quante persone campano con quello stipendio. Per esempio, 40mila euro di Isee in due sono 20mila a testa, ma in 5 o 6 sono molti meno. Questo è il nodo.

Entrando nel merito delle singole proposte, che cosa c’è da cambiare nel decreto Rilancio? Su quali punti occorre intervenire?

La prima causa di povertà delle famiglie è la perdita del lavoro di uno dei componenti della famiglia e la seconda è la composizione famigliare, come la nascita di un figlio oppure il numero di figli. Le famiglie con partita Iva e con figli hanno direttamente subìto entrambi i colpi. Quindi, invece di dare 600 euro, poi diventati 800, a tutti, era meglio dare 600 euro a tutti e 200 euro in più in base al numero dei figli. Questo significa essere attenti alle famiglie.

Perché il reddito di emergenza non vi soddisfa?

Bisogna cambiarne l’impostazione, perché tiene conto solo in parte del numero dei figli e assegna un coefficiente diverso tra maggiorenni e minorenni, come se un figlio costasse di meno in un certo periodo della vita e di più in un altro.

I congedi parentali?

Noi chiediamo che siano al 75% dello stipendio e non al 50% e non per 30 giorni, ma in base a quanto si protrae questa situazione di emergenza: se i bambini sono costretti a stare a casa, non è una decisione della famiglia, è un obbligo dello Stato. Quindi, se entrambi i genitori lavorano, che cosa fanno? Lasciano i figli da soli? E poi lo strumento del congedo parentale va accompagnato da una grande campagna politica e di comunicazione sui posti di lavoro: su 1,6 milioni di aventi diritto nella fase 1 hanno chiesto il congedo circa 220mila persone. La misura, cioè, non è stata presa in considerazione, perché le mamme hanno paura di diventare inutili per la loro azienda. Quindi sarebbe stato opportuno renderlo cumulabile o intercambiabile con il voucher baby sitter.

Però i voucher baby sitter sono stati raddoppiati, non va bene?

In questo caso sono andati al di là delle nostre richieste: noi avevamo chiesto di aumentarlo, non di raddoppiarlo. Ma è una misura poco calibrata sulla realtà delle singole famiglie.

Cosa pensa del bonus vacanze?

Nella prima bozza non si teneva conto delle famiglie. Nell’ultima versione del testo invece sì: anziché un forfettario uguale per tutti, lo hanno diviso in 150 euro a persona, che in presenza di figli diventano 500 euro. Ma è differente prendere 500 euro se si è un nucleo con marito, moglie e un figlio o se in famiglia si è in 5, 6 o 7.

Le scuole paritarie e il problema delle rette da pagare per le famiglie in difficoltà sono state del tutto dimenticate. Perché?

Resta un retaggio ideologico di approccio ai problemi: più che di sussidiarietà – perché la famiglia, che è una risorsa sussidiaria per lo Stato, ha bisogno di risposte sussidiarie – parlerei di sudditarietà, dove lo Stato ti dice cosa devi fare e come devi spendere i soldi. Non c’è alcuna fiducia nelle famiglie.

Erano queste le vostre richieste “sostenibili, concrete e di buon senso” che avete sottoposto, inutilmente, all’attenzione del governo?

Esatto. Noi non abbiamo chiesto la luna. Noi chiedevamo semplicemente che le famiglie delle partite Iva con figli, quelle che più di tutte hanno vissuto sulla loro pelle questa emergenza, avessero delle risposte. Quello che rode veramente è che su 80 miliardi, tra l’altro tutti in deficit e quindi sulle spalle delle generazioni future, non c’è un centesimo sui figli, sui bambini.

Sussidi spezzettati, a pioggia ed erogati con difficoltà. E’ anche un problema di eccessiva burocratizzazione?

Io spesso dico che il diavolo agisce nel mondo per mezzo dell’eccessiva burocrazia, perché il male in questo caso è il rallentamento del bene. Tante famiglie ci scrivono che non ce la fanno davanti alle troppe procedure e lungaggini.

Che fine hanno fatto l’assegno per i figli e il Family Act?

Avevo incontrato l’anno scorso Di Maio, Salvini, Zingaretti, Meloni e Boschi: tutti erano d’accordo sulla loro necessità. Poi gli hanno detto che purtroppo non c’erano i soldi per farlo. Si parlava di 30 miliardi di euro l’anno. Oggi sono stati messi sul tavolo 80 miliardi, ma neppure uno all’assegno per i figli. Questo ci lascia molto perplessi, dimostra che l’Italia non è un paese per famiglie e che non pensa al tema della natalità.

Il presidente dell’Istat, Blangiardo, ha rilasciato numeri che mettono i brividi. Come si può invertire la rotta?

Conteremo quest’anno meno di 400mila nuove nascite, un dato che avremmo raggiunto nel 2032. Il primo passo è che la politica torni a credere nelle famiglie, ne riconosca il ruolo importante, consideri un figlio un bene comune da tutelare e sostenere, come avviene nel resto d’Europa. C’è chi auspica che l’assegno per i figli possa essere la proposta comune della prossima legge di Bilancio. Non ci credo, anche perché in che condizioni economiche e di conti pubblici arriveremo il prossimo autunno?

Come si sono comportate le famiglie in questi mesi di lockdown?

Nell’emergenza coronavirus le famiglie italiane hanno dimostrato di essere le migliori al mondo, tanto che non c’è stato alcun problema di ordine pubblico. Avrebbero quindi meritato più investimenti, invece subiscono un approccio statalista che mal si concilia con la libertà e soprattutto con la responsabilità e la maturità con cui sono comportate in un momento di grave crisi.

Ora siamo al lancio della fase 2. Ma è possibile ripartire senza la famiglia?

No. Se crolla la famiglia crolla il paese. L’Italia ha tre ricchezze: le piccole e medie imprese, il turismo e la famiglia. I primi due sono crollati in poche settimane e se il nostro paese si regge in piedi è perché le famiglie hanno un risparmio privato enorme, fanno squadra nonostante le difficoltà, garantiscono un welfare silenzioso. Se si investe un euro sulla famiglia, quell’euro si moltiplica. E’ miopia non vedere questo moltiplicatore di bene e di benessere.

Che cosa intende fare adesso il Forum?

Non siamo né rassegnati, né indignati, ma è il tempo della consapevolezza e della competenza. E’ finito solo il primo tempo, siamo sotto 2-1, adesso inizia un secondo tempo tutto da giocare, tirando fuori maggiore impegno e facendo leva sull’orgoglio di un Parlamento che in questi mesi è stato esautorato, non ha toccato palla. Ma deputati e senatori vivono più il territorio rispetto ai membri del governo e hanno ascoltato la voce e le ansie delle famiglie italiane. Abbiamo davanti 60 giorni per convertire e cambiare il decreto Rilancio: si può fare tanto, dobbiamo fare tanto, evitando che si voti la fiducia su questo provvedimento.

(Marco Biscella)

Leggi anche

CONCILIAZIONE LAVORO-FAMIGLIA/ In attesa del Family Act resta il welfare aziendaleFAMIGLIA & POLITICA/ Gli effetti del declino demografico che nessuno vuole affrontareASSEGNO UNICO/ Così le famiglie con più figli perdono 381 euro l'anno