Nelle incertezze relative al prosieguo dell’esperienza del Governo Conte bis, l’esecutivo in carica si accinge a chiedere al Parlamento una prima autorizzazione ad ampliare l’entità del deficit stabilito con la Legge di bilancio recentemente approvata, per un importo che dovrebbe oscillare tra i 25 e i 30 miliardi, per finanziare l’ennesimo decreto ristori. L’intervento era stato ampiamente annunciato in relazione all’esigenza di accompagnare i provvedimenti già adottati, e i nuovi che si renderanno necessari nei prossimi mesi, per contenere la diffusione del virus con misure di sostegno alle imprese e al reddito dei lavoratori.

L’ulteriore impatto negativo sui conti pubblici viene stimato per un valore equivalente a circa l’1,5 del Pil%, nell’ambito di un peggioramento complessivo delle previsioni originali che dovranno scontare anche gli effetti negativi sulle entrate fiscali dovuti all’andamento della congiuntura economica. 

La parte più cospicua del provvedimento dovrebbe essere destinata ai ristori per le perdite di fatturato subite dalle imprese e dai lavoratori autonomi, compresa la componente dei professionisti che era stata esclusa nell’ultimo provvedimento, e per offrire una copertura al prevedibile fabbisogno di intervento per i primi sei mesi dell’anno, confidando per i periodi successivi nell’efficacia successiva delle misure adottate per contenere la diffusione dei contagi a partire dal programma delle vaccinazioni. 

Per i lavoratori dipendenti la Legge di bilancio ha già previsto una disponibilità di 5 miliardi per le proroghe delle Cig, con una particolare aggiunta per quelle in deroga fino al 30 giugno p.v., e un ulteriore budget di circa 4 miliardi per le misure di accompagnamento ai pensionamenti anticipati. 

Nel merito, per i provvedimenti a sostegno delle imprese e dei lavoratori autonomi e professionisti, si intende fare leva sulle modalità di intervento che prevedono il rimborso di una quota delle perdite di fatturato rapportate ai periodi precedenti, tramite erogazioni affidate alla Agenzia delle Entrate, sulla base del modello adottato con efficacia nella seconda parte del 2020. Il nuovo intervento richiederà certamente alcune innovazioni per i criteri da utilizzare per la stima delle perdite, dato che il riferimento al fatturato dell’anno precedente previsto nei precedenti decreti era rapportato a un periodo di piena attività economica. Con tutta probabilità si renderà necessario ampliare gli ambiti settoriali dei codici Ateco Istat, per ricomprendere, ad esempio, anche le filiere delle imprese fornitrici dei comparti dei servizi di accoglienza e ristorazione che hanno subito una rilevante riduzione di attività. 

Il recente comunicato della Agenzia delle Entrate sulle erogazioni effettuate sulla base dell’ultimo decreto del 2020 offre una mappa interessante riguardo l’impatto degli aiuti e delle potenziali estensioni. Gran parte dei 10 miliardi di euro erogati si è concentrata sui comparti destinati ai servizi – con particolare rilievo per quelli della ristorazione (2,5 miliardi), del commercio al dettaglio (1,4 miliardi), dell’alloggio e altri servizi alle persone (1,5 miliardi) -, oltre la metà dei quali collocata nelle regioni del nord Italia. 

Nelle intenzioni del ministro dell’Economia Gualtieri, le risorse messe a disposizione con il nuovo decreto dovrebbero essere sufficienti per assicurare per la copertura per tutto il fabbisogno prevedibile per le finalità indicate nel corso del vigente anno. Una previsione decisamente ottimistica tenendo conto non solo delle incognite relative al decorso dell’emergenza sanitaria, ma anche delle scelte che il Governo stesso tiene aperte per fronteggiare la fuoriuscita dal blocco dei licenziamenti, prevista attualmente per il 31 marzo p.v..

Le ipotesi di un’ulteriore proroga del provvedimento ventilata dalla ministra del Lavoro Catalfo, sostenuta apertamente dalle organizzazioni sindacali, e di quelle a oltranza delle casse integrazioni e delle indennità di disoccupazione tuttora in corso, comporterebbero un rilevantissimo fabbisogno aggiuntivo di spesa pubblica. 

Nei prossimi mesi si rischia seriamente di precipitare in una sorta di circolo vizioso caratterizzato dal mantenimento in attività di imprese e di posti di lavoro privi di sostenibilità economica, a colpi di aumento della spesa pubblica, e da una crescente difficoltà di gestire il potenziale di costi sociali che sarà utilizzata per motivare l’ulteriore proroga temporale dei sostegni al reddito.

Lo squilibrio tra i provvedimenti messi in campo per difendere le attività produttive esistenti rispetto a quelli finalizzati a sostenere il riposizionamento delle stesse e gli investimenti con una funzione anti-ciclica rimane la caratteristica che, sin dall’inizio della crisi Covid, distingue le nostre politiche anti-crisi rispetto a quelle adottate nei principali Paesi dell’Ue. Se non viene rimediato, è destinato a diventare una sorta di ipoteca per l’utilizzo delle risorse disponibili per finalità assistenziali.