Diciamo la verità, le notizie tecniche sul contenuto del decreto sostegni bis approvato ieri dal governo attraggono fino a un certo punto. Gli italiani sono sfiduciati, prima di festeggiare aspettano i fatti, e i fatti hanno finora sempre deluso, nei due governi Conte ma anche col governo Draghi. Poi, certo, come sottolineeremo più avanti, c’è qualcosa di nuovo nei provvedimenti di ieri ma la notizia è un’altra, ed è la staffilata che Draghi ha riservato al povero Enrico Letta, peggiore forse delle due o tre che aveva finora elargito a Salvini.
Però, diciamocelo: a menare Salvini c’è poco gusto perché quello è massiccio, sembra un punching-ball, più gli meni e più rimbalza, mentre Letta “lo spiezzi in due” con un grissino, come il tonno della pubblicità. E dunque al segretario Pd che tira fuori – nel suo incalzante “cupio dissolvi” – l’ipotesi di un aumento della tassa di successione per raccogliere le risorse con cui finanziare un fondo per i giovani, Draghi replica sibilando: “Non ne abbiamo mai parlato”. Per la serie: le tue fregnacce non attribuirle a me. Che smacco: ma allora Draghi non solo non è di destra, ma non è nemmeno di sinistra? Si direbbe proprio così: né di qua, né di là, soprattutto per evitare compagnie cattive o insulse, che non sai cos’è meglio.
E dunque la coloritura politica della giornata assume una tinta neutrale, non bipartisan ma zero-partisan, e annacqua un po’ la forza degli annunci tecnici, quelli relativi ai contenuti del disegno di legge sostegni bis, un documento-monstre che stanzia ben 40 miliardi per il rilancio dell’economia italiana.
Comunque anche qui c’è una novità, con Draghi che punta ben 17 miliardi sulle imprese e solo 4 sui lavoratori: finalmente battendo un colpo a favore dell’imprenditoria, ma in questo modo “facendo qualcosa di destra” e addirittura includendo 370mila partite Iva in più di quelle finora comprese dai sostegni; con Draghi che sblocca i licenziamenti da giugno in molti settori, anche se “fa più notizia” che ne proroga altri fino a fine agosto; con Draghi che bastona l’inerme Letta e ricorda al mondo come sia la crescita l’unica medicina anti-debito, insieme con la politica monetaria espansiva; e insomma una manovra tutta positività, proattività, investimenti sulla crescita e pochi piagnistei. In questo senso, una manovra “di destra”.
Ma in realtà il premier si conferma – buon per lui – un personaggio molto lontano, molto oltre, le asfissianti schermagliette dei due inesistenti poli italiani, un centrodestra ancora ostaggio di un povero malato molto anziano e con un leader muscolare ma nel mirino di troppe procure e un centrosinistra coriandolizzato e vulnerabilmente esposto alle intemperie di una leadership debole. Draghi guarda all’Europa e alla propria competenza economica per far quello che, in scienza e coscienza, gli sembra sensato fare.
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