In questi giorni i vari Stati hanno trasmesso in Europa i piani nazionali per l’utilizzo dei fondi del Recovery. Qualcuno ha voluto misurare gli effetti che i singoli piani produrranno in futuro sull’occupazione. Il risultato pare abbia visto l’Italia non posizionarsi bene e ciò farà ripartire il confronto tra chi afferma che il piano di Conte fosse migliore di quello di Draghi.
Ancora una volta il dibattito sarà sterile al pari di quello che non trova intesa sul limite orario da dare al coprifuoco o di quello se sia meglio preservare la salute anche a scapito del lavoro.
Domenica scorsa, mentre andava in onda Omnibus, il conduttore interrompeva la discussione per dare conto del rientro sulla Terra della prima navicella privata. Il dibattito in corso riguardava gli arresti dei terroristi avvenuto poche ore prima in Francia. Per giorni il dibattito è andato avanti su questo tema. Ciò dimostra che siamo fermi allo scontro ideologico. Quando invece proveremo a costruire qualcosa che ci consenta di far ripartire il nostro Rinascimento e far vedere al mondo la nostra navicella che rientra dallo spazio? Un contributo al dibattito potrebbe venire dalla valutazione di quali potrebbero essere i risultati attesi dall’attuazione del Pnrr se venissero fatte le riforme. Il tema della riforma fiscale, al pari di quello della Pa e della Giustizia, è centrale ma rinviato perché non si trova l’intesa. Le singole forze politiche vogliono a tutti i costi metterci la bandierina a scapito del bene del Paese.
In questi giorni si registrano diverse dichiarazioni che misurano la situazione. Il Commissario Gentiloni ha affermato che le multinazionali pagano meno tasse di un negozio di Via del Corso (Roma), il Direttore dell’Agenzia delle Entrate evidenzia che il nostro sistema fiscale andrebbe sfoltito di almeno 800 leggi e da ultimo la dichiarazione di coloro che hanno evidenziato il ruolo inefficiente delle banche dati a disposizione del Fisco massicciamente alimentate negli ultimi dal fisco telematico. È un peccato perché si sta svalutando la mole di lavoro e di costi sostenuti dagli intermediari e dalle imprese accusate di essere evasori dimenticando i costi e le responsabilità dell’inefficienza. Nelle more della crescita del confronto va registrata con piacere che è stato riconosciuta ai professionisti, com’è ovvio che fosse, una tutela in caso di malattia. Ora occorrerebbe andare oltre e promuovere un confronto serio che trovi un equilibrio tra chi sta soffrendo per la pandemia e le spinte in avanti di chi si ritiene già pronto a fare le precompilate, la liquidazione mensile delle imposte e cosi via e poi richiede vengano dichiarati dalle imprese i dati sugli aiuti di Stato perché non sono disponibili.
Da più parti si confida che la soluzione per aggredire il tax gap venga dall’intelligenza artificiale che tuttavia è destinata a scontrarsi con un Governo che annuncia dei provvedimenti che il Parlamento, incalzato dalla Ragioneria, non conferma. Risultato: ci si trova inadempienti a propria insaputa o peggio si fanno dei programmi che poi vengono minati da provvedimenti che sconfessano le programmazioni fatte. È di questi giorni la conferma di questa pessima abitudine. In sede di conversione del decreto sostegni c’è stata l’eliminazione della possibilità di cedere i crediti di imposta per gli investimenti in beni strumentali materiali e immateriali. Mentre non si è intervenuto con lungimiranza sull’ingorgo che si è formato per il pagamento delle somme dovute per la rottamazione-ter, per il saldo e stralcio e per le altre scadenze che si sono stratificate. Si richiederanno esborsi consistenti in un momento in cui ancora non si è pienamente ripresa l’attività.
Il prossimo decreto sostegni bis dovrebbe contenere misure più di prospettiva, per esempio andrebbe rivisto il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Uno spunto di riflessione viene da Assonime che in uno studio diffuso evidenzia questa esigenza partendo dalla constatazione che, secondo le stime di Bankitalia, il 2021 vedrà un aumento dei fallimenti rispetto al 2019. Una parte del Governo si è fatto portavoce dell’eliminazione dei consueti parametri della perdita di fatturato e della soglia di calo pari almeno al 30% per avere accesso agli aiuti. L’eliminazione del limite è minato dal nodo delle coperture per cui vanno riviste misure di immagine ma non di prospettiva.
Già un anno fa avevamo riflettuto sulla opportunità di rivedere il sistema delle detrazioni presenti nel quadro RP e limitarle a quelle strettamente utili e di elevato valore sociale: sanitarie, mutui, deduzioni per donazioni verso la ricerca e il Terzo settore in generale. Oggi questa revisione è ancora più urgente se non viene rivisto il cashback perché altrimenti si privilegiano pochi. Le aziende attendono interventi in ordine al trattamento dei crediti inesigibili. Bisogna introdurre norme che consentano di avere un riconoscimento immediato della loro inesigibilità. La pandemia e l’attesa riforma della Giustizia civile non agevolano questa problematica. È auspicabile poi l’adozione di un intervento volto a mitigare gli effetti dei costi fissi che stanno pesantemente condizionando le imprese.
Il decreto sostegni bis però con ogni probabilità non potrà essere ambizioso. È minato da nuove emergenze come il rischio default di oltre 800 Comuni a seguito della sentenza 80/2021 della Consulta sul fondo anticipazioni di liquidità. La politica ha chiesto in coro di intervenire senza assumersi le responsabilità dei propri errori. Un default ordinato dei Comuni favorirebbe un ricambio della classe politica.
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