Il varo del nuovo decreto per il sostegno alle imprese e al reddito delle persone penalizzate dagli effetti dei provvedimenti messi in atto per contrastare la pandemia, impegnando i 32 miliardi di ulteriore debito pubblico autorizzati dal Parlamento prima delle dimissioni del Conte bis, ha richiesto più tempo del previsto per l’oggettiva necessità di ancorare i nuovi provvedimenti ai tempi di realizzazione del programma delle vaccinazioni, e degli effetti positivi della ripresa dei consumi e delle attività economiche conseguenti alla progressiva immunizzazione al virus della popolazione.



La caratteristica dei singoli provvedimenti muove nel solco di quelli varati dal precedente Governo nel corso del 2020, con due importanti novità sul terreno dei ristori alle partite Iva e della differenziazione delle scadenze per la proroga dei licenziamenti per i diversi comparti economici.

L’obiettivo è principalmente quello di mettere in campo una gamma di risorse e strumenti sufficienti a reggere l’impatto dell’emergenza sanitaria sull’economia per l’intero anno. Rinviando a un successivo decreto previsto per il mese rivolto ad anticipare alcuni provvedimenti, come l’ulteriore semplificazione dei procedimenti amministrativi e per il sostegno ad alcuni comparti nevralgici, per accelerare i tempi della ripresa economica. E, in parallelo, portare a regime la definizione del Pnnr, con l’approvazione delle Autorità Ue e lo sblocco delle risorse del Recovery fund per avviare i programmi di attuazione nel secondo semestre dell’anno in corso. 



Il nuovo decreto destina un terzo delle risorse impegnate, circa 11 miliardi, per i sostegni alle perdite di fatturato dei titolari di 3 milioni di partite Iva, estendendo questi provvedimenti anche ai professionisti, e operando una sostanziale modifica dei criteri di valutazione degli importi rispetto ai precedenti provvedimenti dello scorso anno. In attesa del testo definitivo (specie per quel che riguarda la cancellazione delle cartelle fiscali), le ultime bozze parlano di ristori destinati alle attività che hanno registrato una perdita del fatturato superiore al 30% nel 2020 rispetto all’anno precedente, differenziate per 5 fasce di fatturato fino al massimo 10 milioni di euro, e un contributo percentuale decrescente rispetto all’aumentare della fascia di fatturato. L’erogazione media viene stimata dall’Agenzia delle entrate intorno ai 3.700 euro per le singole attività. Per lavoratori autonomi e professionisti viene previsto anche un ulteriore finanziamento di 1,5 miliardi per il fondo destinato a finanziare l’esonero temporale dei pagamenti dei contributi previdenziali.



Sul fronte dei lavoratori dipendenti è previsto un pacchetto di misure differenziate per comparti di attività. La proroga del blocco dei licenziamenti, con l’esclusione delle aziende fallite, in liquidazione o che hanno sottoscritto degli accordi sindacali per favorire l’esodo dei lavoratori, viene prorogato fino al 30 giugno 2021 per le industrie manifatturiere e per le costruzioni, unitamente alla messa a disposizione di un’ulteriore quota di 13 settimane di cassa integrazione, integralmente finanziata dallo Stato, per la causale Covid. Per i comparti dei servizi e per le piccolissime imprese che non usufruiscono in via ordinaria delle casse integrazioni, viene messa a disposizione una ulteriore quota di 28 settimane delle casse integrazioni in deroga a carico dello Stato utilizzabile fino al 31 dicembre del 2021, e una parallela proroga del blocco dei licenziamenti fino al 31 ottobre dell’anno anno in corso. Ai 400mila ex lavoratori stagionali, termali e dello spettacolo viene destinata una ulteriore una tantum di 2.400 euro, pari a tre mensilità.

Per il sostegno alle famiglie viene ulteriormente implementato di un miliardo il finanziamento del Reddito di cittadinanza nella previsione di far fronte a un incremento di 700 mila persone in condizioni di povertà assoluta, e rinnovata la possibilità di accedere a quello di emergenza per ulteriori tre mesi.

Il proseguo delle misure tampone tende sostanzialmente a rinviare di alcuni mesi le scelte che dovranno essere adottate per fronteggiare l’uscita dal blocco dei licenziamenti e gli inevitabili processi di selezione legati alle aziende che non saranno in grado di proseguire le attività alla scadenza dei provvedimenti. Nel calendario del Governo è previsto un intenso confronto con le parti sociali finalizzato a mettere a punto una proposta di legge per una riforma degli ammortizzatori sociali in grado di estendere le tutele di sostegno al reddito per i comparti e le tipologie di lavoro che ne sono privi, e per rafforzare le politiche attive del lavoro al fine di facilitare il ricollocamento delle persone disoccupate. Un percorso che si preannuncia irto di difficoltà e molto criticato da una parte rappresentanze imprenditoriali che temono un ampliamento a dismisura dei costi di finanziamento delle prestazioni, e dagli economisti del lavoro che paventato l’effetto di scoraggiamento per le nuove assunzioni provocato in via indiretta dalla misura del blocco dei licenziamenti.

Gli sgravi contributivi previsti per le nuove assunzioni, e l’ulteriore sospensione dei vincoli dell’ex decreto dignità per il rinnovo dei contratti a termine prorogata sino alla fine dell’anno in corso, sono misure quanto mai opportune. Ma nell’attuale condizione non sembrano in grado di offrire un contributo significativo per la tenuta dell’occupazione.

I provvedimenti rivolti a contrastare la crescita della povertà assoluta, in particolare il Reddito di cittadinanza e quello di emergenza, che hanno coinvolto 3,7 milioni di beneficiari con un impegno di 9 miliardi di euro, non si sono dimostrati efficaci nel perseguire l’obiettivo, data la crescita di un ulteriore milione di nuovi poveri nel corso del 2020.

Nei prossimi mesi sarà quanto mai opportuno fare un monitoraggio serio dei risultati ottenuti tramite una mobilitazione di risorse che non ha precedenti. Un passaggio inevitabile per evitare la cronicizzazione di una domanda di interventi assistenziali destinata a ipotecare anche l’utilizzo delle risorse che dovrebbero essere destinate agli investimenti produttivi.