Il varo del Decreto sostegni sembra non avere mai fine. L’idea di eliminare la classificazione Ateco sembrava aver dato un colpo di spugna alle angosce delle aziende chiuse. Passata l’euforia è ripresa la narrazione del gioco dell’oca e il decreto è stato fatto prigioniero dell’ideologia che ha accompagnato il varo dei ristori.
Non siamo nel vivo della discussione e, dunque, ci rifacciamo a quanto riportato da chi probabilmente ascolta le voci di dentro. Queste voci raccontano che il varo dei sostegni, che dovrebbe avvenire oggi, è stato frenato dalle discussioni legate all’individuazione del parametro al quale commisurare le erogazioni. I nodi da sciogliere pare siano legati a come calcolare il fatturato e al raffronto, nel tempo e nello spazio, del calo del medesimo. Chi conosce le aziende sa che il fatturato è senz’altro un indicatore della salute dell’azienda, ma non il solo. Forse, tornando sulla terra dove normalmente accadono le cose, bisognerebbe seguire un percorso diverso.
Si potrebbe partire dai dati consuntivi del 2019 e dal valore dei costi fissi per utenze, locazioni, canoni di manutenzione e personale da intendersi in senso largo. L’integrità tecnico-economica di un’azienda si mantiene se il proprietario di casa non ti sfratta, se gli impianti e le attrezzature possono continuare a essere mantenuti in efficienza e se il personale, patrimonio umano, si sente tutelato e così via. Sul versante dei costi si potrebbe agire riconoscendo, in relazione agli stessi, un credito di imposta. A ben vedere si potrebbe seguire un meccanismo simile a quello della trasformazione in crediti di imposta delle perdite fiscali. Un meccanismo simile anticiperebbe il recupero delle perdite fiscali che matureranno nel 2020 concorrendo a ridurre il deficit patrimoniale che si genererà. In sostanza si attuerebbe una sorta di attualizzazione delle perdite fiscali legate ai costi fissi.
Un secondo elemento è il fatturato. Anche qui se si vuole semplificare bisogna operare un confronto tra il 2019 e il 2020 (i cui dati consuntivi sono ormai disponibili) che consentirebbe di individuare lo scostamento anno su anno. È sullo scostamento che va erogato il sostegno commisurandolo al calo di fatturato favorendo un concreto sostegno al reddito dell’imprenditore.
Ideare un altro modo di procedere diventa ancora una volta un esercizio utile alla burocrazia e rimane il rischio di malfunzionamento delle piattaforme informatiche. L’ultimo ha riguardato il salvataggio delle fatture elettroniche sul sito dell’AdE che ha richiesto un differimento del termine di scadenza.
Dalle bozze che circolano sembra poi che nel varare il Decreto sostegni possa essere introdotto uno stralcio delle cartelle di pagamento fino a 5.000 euro risalenti al 2015. Chi grida contro questo provvedimento o non ha capito di cosa si parla o è in malafede. Segue un canovaccio ideologico. Questo provvedimento avrà un beneficio limitato per la platea delle aziende sane. La vera portata dell’intervento sta nella pulizia di bilancio che l’Agenzia Riscossione potrà fare. È la rottamazione di un magazzino virtuale già privo di valore e non un condono generalizzato.
Interessante e di buon senso appare l’idea di eliminare le sanzioni applicabili agli omessi versamenti periodici. Lo Stato, in un momento di difficoltà, non può lucrare su versamenti ritardati od omessi di chi ha dovuto scegliere a cosa destinare la liquidità presente in azienda.
Parimenti interessante sembra l’apertura ai sostegni per i professionisti che finora erano stati esclusi. I professionisti concorrono alla fiscalità generale dalla quale si è attinto per erogare i ristori e i bonus. La loro esclusione era ideologica e l’inclusione un rimedio.
Andando oltre sarebbe auspicabile che il Decreto sostegni guardasse anche ad altro. Questi primi mesi dell’anno, ma è così ogni anno, sono ricchi di adempimenti, scadenze, ecc. Ma quest’anno molti imprenditori e professionisti, costretti a uscire di casa per lavoro, sono rimasti vittime del contagio per cui molte aziende e molti studi sono in affanno e spesso sono stati costretti a saltare degli adempimenti. Urge una norma che prenda atto di questa evenienza e consenta, previa adeguata giustificazione, a chi è rimasto indietro di essere rimesso in bonis rispetto ad adempimenti impossibili da realizzare se gli studi o le aziende sono chiuse per quarantena o ricovero in ospedale. Anche qui è buon senso nulla più.
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