Nelle prossime tre settimane gran parte del Paese si troverà in zona rossa, con moltissime attività commerciali e dei servizi alla persona che dovranno tenere le saracinesche abbassate. Bar e ristoranti, poi, hanno dovuto chiudere già nel momento in cui le regioni sono diventate arancioni. A un anno di distanza dal primo lockdown e dopo un estenuante balletto di chiusure e aperture con mille restrizioni, agli operatori economici sono finora arrivati indennizzi insufficienti e in grave ritardo. Ora questa ennesima serrata quasi generalizzata rischia di infliggere un colpo da ko a molte imprese del commercio, della ristorazione e del turismo. Con quali effetti, anche occupazionali, sul settore? Come aiutare gli imprenditori a superare questa nuova chiusura? “Innanzitutto – risponde Augusto Patrignani, presidente della Confcommercio della provincia di Forlì-Cesena – spero si sia definitivamente archiviata la stagione dei soldi buttati per i banchi a rotelle o per i bonus monopattino.



L’economia ha bisogno che le persone possano lavorare in sicurezza e per farlo la strada maestra è quella dei vaccini. Ne servono due: quello sanitario, cioè i sieri anti-Covid, e quello economico, cioè i ristori. Ma bisogna fare di tutto perché vengano entrambi messi in campo subito, non domani”.

Con gran parte dell’Italia in zona rossa, è arrivata l’ennesima chiusura. Che impatto potrà avere su commercio, ristorazione e turismo?



L’impatto è già di per sé devastante, avendo alle spalle una stagione gravemente compromessa.

Aumenteranno i rischi di fallimenti e di nuovi disoccupati?

Senza dubbio. Lo stillicidio di aperture e chiusure ha aggravato la situazione: anche in questi settori la programmazione gioca un ruolo chiave, non si può improvvisare.

Qual è oggi lo stato d’animo di commercianti e ristoratori? Dobbiamo aspettarci altre proteste?

Le proteste covano sotto la cenere. Quando non si arriva a fine mese o non si riesce a sbarcare il lunario per troppo tempo è chiaro che la rabbia cresce. E’ un momento molto difficile e complicato.



Fino al 6 aprile le attività resteranno chiuse. Come si può evitare dopo Pasqua l’ennesima falsa ripartenza?

La strada maestra è la vaccinazione, non ci sono altre scorciatoie. Non si può pensare di tornare aperti solo perché arriva l’estate e il virus diventa più debole: abbiamo visto l’anno scorso che non è così, il Covid non scompare con il caldo, perché poi ritorna. Quindi, bisogna proseguire a ritmi sostenuti con i vaccini. E per la tenuta delle imprese serve anche il vaccino economico dei ristori, ma non come in passato.

Perché?

Più che ristori sono state date delle elemosine. Bisogna, per prima cosa, dimenticarsi dei codici Ateco, tanto le amministrazioni pubbliche conoscono vita, morte e miracoli delle nostre imprese.

Quindi?

Con la fatturazione elettronica oggi sanno benissimo chi sta lavorando e chi ha dovuto chiudere. Basterebbe partire da questi dati per dare ristori alle imprese senza commettere errori. Abbiamo bisogno di una buona lettura del sistema informativo, che la nostra pubblica amministrazione ha, e di una buona volontà a indennizzare le imprese che hanno subìto i danni per salvarle. Se non salviamo il nostro tessuto produttivo, andiamo incontro a un grossissimo problema.

Draghi non solo ha annunciato che abbandonerà i codici Ateco, ma ha anche confermato che intende utilizzare i 32 miliardi già promessi da Conte e in più chiederà un nuovo scostamento di bilancio. Il problema, però, è come mettere a terra velocemente queste risorse. Quali sono oggi le priorità?

I ristori sono finora arrivati con il contagocce e in ritardo, ma il tempo non è una variabile indipendente. E’ una variabile decisiva: arrivare un minuto dopo che un’impresa ha chiuso non serve a nessuno. Gli indennizzi devono arrivare nel momento in cui le imprese sono ancora vive e hanno la possibilità di rimanere vive. A un paziente la medicina va data nel momento del bisogno, così questo vaccino economico serve adesso, subito, per far sì che una volta tornati alla normalità le nostre imprese possano riprendere a correre.

Che errori bisognerebbe non ripetere?

E’ stato un errore dare i soldi, pochi, a pioggia, senza guardare se ce n’era l’effettiva necessità. Non va ripetuto: i ristori devono andare solo alle imprese che hanno davvero avuto problemi. Se ha perso il 30%, il 50% o addirittura l’80% perché è stata costretta a chiudere, a quell’impresa bisogna dare subito tutti i soldi, non solo per il mancato guadagno, ma anche di tutti i costi che ha nel frattempo continuato a sostenere. Dare mille euro per il mancato reddito non serve a nulla, specie se un’impresa deve far fronte a ben altri esborsi, per esempio, per pagare l’affitto.

Si va verso la stagione estiva, che è un po’ l’ultimo treno da non perdere per non compromettere del tutto il 2021. Oltre ai vaccini e ai ristori, è necessario altro?

La stagione estiva per l’Italia, paese a forte vocazione turistica, è fondamentale, ne abbiamo bisogno come il pane. Se perdiamo anche il turismo estivo, siamo cotti. Nel contempo, però, non possiamo dimenticare il turismo di montagna né quello delle città d’arte o quelle attività aperte tutto l’anno, come parrucchieri e centri estetici, che hanno bisogno dei ristori per rimanere in vita.  

La campagna di vaccinazione favorirà le riaperture, ma serviranno nuovi protocolli?

Sicuramente sì. Bisogna mettere in campo subito le regole, si spera non così restrittive come oggi, di modo che gli imprenditori sappiano muoversi in anticipo e prendere le decisioni migliori per farvi fronte. La programmazione preventiva è decisiva.

(Marco Biscella)

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