In tutto, il turismo dovrebbe portare a casa un miliardo e 700 milioni, sommando (ma la stima di Roma è assolutamente ipotetica) tutti i capitoli ai quali le imprese e i lavoratori del settore potranno fare riferimento. In gran parte, le risorse rientrano nell’intervento principale, quello di 11 miliardi per le imprese; per il resto si parla di aiuti ai lavoratori stagionali, gli autonomi, i termali (900 milioni), per i centri storici, per il settore degli “eventi”, e per l’industria della neve, alla quale è destinata una quota specifica di 700 milioni (circa 100 in più di quant’era stato previsto).
È questa, in sintesi, l’attenzione riservata al settore nell’ultimo Decreto Sostegni, che si riferisce ai 32 miliardi già previsti, in extradeficit, dalla votazione del Parlamento sul dl del governo Conte II, lo scorso gennaio (27 dei 32 miliardi andranno a rifinanziare misure già in essere). Proprio il turismo – ha ribadito il premier Draghi – “è stato il più colpito, e merita investimenti e sostegni: nel post-pandemia potrà tornare ad essere un’industria prospera e in grado di occupare molte persone”. Parole che però non sembrano aver trovato un’evidente applicazione pratica, e non hanno saputo frenare i malumori delle categorie coinvolte, dopo l’annuncio del decreto. Tanto da spingere il ministro dell’Economia, Daniele Franco, a precisare che “con lo scostamento di bilancio già annunciato per aprile arriverà altro”. Cioè altri fondi mobilitati con il prossimo Def.
Vediamoli, allora, questi “sostegni” (indipendenti dai codici Ateco per chi ha subito un calo di fatturato nel 2020 rispetto al 2019 pari al 30%) per il settore più colpito, spezzo azzerato, dagli effetti della pandemia. Un volano che generava 232 miliardi di Pil, con circa 400 mila imprese coinvolte, l’8% delle quali (secondo Nomisma) è già stato cancellato dall’epidemia, mentre un altro 30% sta correndo seriamente il rischio di non riaprire nel 2021.
Per i lavoratori. Il decreto interviene sui lavoratori atipici, per i quali è prevista un’indennità pari a 2.400 euro per i dipendenti stagionali, o in somministrazione, del turismo e degli stabilimenti termali; intermittenti; autonomi privi di partita Iva con contratti occasionali.
Per le imprese. Indennizzi da un minimo di mille euro (2 mila per le società) a un massimo di 150 mila. Il meccanismo degli indennizzi viene articolato in cinque fasce: 60% per i fatturati fino a 100 mila euro, 50% per la fascia 100-400 mila, 40% per quella 400 mila-un milione, 30% fra 1 milione e 5 milioni e 20% per le aziende con fatturati tra 5 e 10 milioni.
Gli aiuti alle partite Iva fanno conto sul plafond di 11 miliardi. Il contributo a fondo perduto spetta a condizione che l’ammontare medio mensile del fatturato 2020 sia inferiore almeno del 30% rispetto all’ammontare medio mensile del fatturato 2019. A ogni partita Iva fino a 10 milioni di euro di fatturato 2019 è offerto un aiuto che potrà andare dall’1,7% del calo annuo del fatturato nel caso dei soggetti più grandi (da 5 a 10 milioni di ricavi 2019) al 5% per i più piccoli (fino a 100mila euro). L’erogazione partirà l’8 aprile attraverso una piattaforma telematica che sarà gestita dall’Agenzia delle Entrate.
Sono previsti 100 milioni per le fiere.
Viene ipotizzato che una parte del maxi-fondo da 200 milioni per le imprese della ristorazione nei centri storici e la ristorazione specializzata per eventi privati andrà ad aziende a “vocazione turistica”.
Per le aziende già coperte da Cig, la cassa Covid-19 viene prorogata di altre 28 settimane, tra aprile e dicembre.
Per la montagna. È il capitolo di “sostegni” più caratterizzato. Del fondo di 700 milioni (che risulta in capo al Mef), 490 (circa il 70%) andranno alle Regioni (e alle Province autonome di Trento e Bolzano) che li ripartiranno ai comuni, sulla base di quanti ski-pass erano stati venduti nel 2019. I restanti 210 milioni saranno ripartiti sempre dalle Regioni tra i comuni dello stesso comprensorio sciistico sulla base del fatturato delle attività economiche relative settore, con riferimento al triennio 2017-2019, e tra i maestri di sci, sempre in rispetto ai ricavi del triennio 2017-2019. le somme saranno ripartite dalle Regioni. La ripartizione delle somme viene affidata ad un successivo decreto specifico, che dovrà essere varato, entro trenta giorni dalla pubblicazione del Decreto Sostegni, dal nuovo ministero del Turismo, in sintonia con la Conferenza Stato-Regioni. Non è ancora del tutto chiaro se anche per questi sostegni indirizzati sia previsto un limite massimo di 150 mila euro e un minimo di mille euro per le persone fisiche e duemila euro per le società. Il contributo sarà comunque esentasse e si potrà scegliere di convertirlo in credito d’imposta.
Le reazioni. Prevedibili e inevitabili. “A noi sembra non ci sia praticamente nulla – sostiene, amaro, Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi -. La logica dei ristori con più o meno 5.000 euro ad azienda non risolve certo i problemi”. “Il decreto ha accolto in parte le nostre richieste – ha detto il presidente di Confindustria Carlo Bonomi -, come il superamento dei codici Ateco, per esempio, che comprometteva la possibilità di interventi a sostegno di filiere in crisi. Credo però si debba superare il limite del fatturato, che lascia fuori molte imprese e credo che si debba anche intervenire in modalità diversa, cioè non prendere più il fatturato a riferimento ma intervenire sui costi fissi. Speriamo che in futuro ci siano ulteriori interventi, anche per settori come il turismo e i convegni”.
“Il limite dei 10 milioni di euro per l’accesso ai ristori a fondo perduto – ha ribadito Federturismo, la rappresentanza presieduta da Marina Lalli – comporta l’esclusione di gran parte delle più importanti imprese turistiche nazionali. Il meccanismo di calcolo inoltre, per come ipotizzato, porta a ristori talmente esigui da non consentire nessun tipo di supporto reale. Andrebbe anche esteso il limite dei 6 anni per la restituzione dei prestiti garantiti dallo Stato e portato ad almeno 15 anni per ridare ossigeno e prospettive di recupero a un settore che nelle migliori previsioni tornerà ai tassi di crescita del 2019 solo dal 2025″. Per quanto riguarda la montagna, Anef (Associazione nazionale esercenti funiviari), presieduta da Valeria Ghezzi, “ringrazia il Governo per aver recepito il grido d’aiuto degli impianti a fune. Al settore sembra sia destinato il 70% dei 700 milioni del fondo montagna. Il Governo ha dimostrato un’importante attenzione al nostro comparto, uno dei più drammaticamente danneggiati dalle chiusure necessarie per contrastare la pandemia. Si tratta di un primo passo importante nella direzione di permettere agli impianti sciistici di superare questo periodo straordinariamente difficile, arrivando preparati al dicembre 2021, dopo un periodo lungo 20 mesi senza incassi, a fronte di uscite costanti e non rinviabili. Il cammino è ancora lungo perché andranno valutate le modalità, i criteri e i tempi di ripartizione ed erogazione. Chiediamo fin d’ora al Governo di confrontarsi con noi affinché la ripartizione segua regole omogenee su tutto il territorio nazionale e non lasci escluso nessuno, con procedure che garantiscano alle aziende un versamento diretto e immediato”.
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