Il Governo lavora alla messa a punto del Decreto sostegno, nome che ha preso il posto del Decreto ristori 5, anche per segnare una discontinuità che, come ci spiega Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie, potrebbe essere importante. Come ha detto il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, durante il question time alla Camera di mercoledì, l’obiettivo dell’esecutivo è quello di semplificare le attuali procedure, in particolare superando l’attuale schema basato sui codici Ateco, e dare la possibilità a 2,7 milioni di partite Iva di scegliere tra uno stanziamento a fondo perduto e un credito di imposta da poter utilizzare in sede di dichiarazione F24.
Il provvedimento dovrebbe essere varato la settimana prossima, ma le bozze che stanno circolando in queste ore parlano di un indennizzo per chi avrà registrato una perdita almeno del 33% del fatturato medio mensile del 2020 rispetto a quello del 2019. L’importo che verrà riconosciuto sarà pari al 30%, al 25%, al 20% o al 15% della perdita registrata a seconda che si abbia un fatturato annuo rispettivamente fino a 100.000 euro, dai 101.000 ai 400.000, da 401.000 a 1 milione e da 1 milione a 5 milioni. Al di là dei dettagli delle bozze, evidenzia Forte, «la certezza fondamentale di questo provvedimento resta il superamento dei codici Ateco».
Perché è così importante questo punto?
Perché l’uso dei codici Ateco ha finora limitato l’erogazione degli indennizzi alle attività interessate dalle chiusure, escludendo quindi i loro fornitori o subfornitori che subiscono ugualmente un danno. Se un negozio resta chiuso, ne risente anche chi lo rifornisce e anche chi si occupa di trasportare le merci. Non parliamo poi degli alberghi: non sono stati obbligati a chiudere, ma è del tutto evidente che hanno subito una danno economico, così come le attività che vi gravitano intorno, per esempio le lavanderie.
Cosa pensa delle quattro diverse fasce di indennizzo, a seconda del fatturato?
Trovo che sia uno schema sensato, anche perché le imprese più grandi, tramite le economia di scala, hanno possibilità di ridurre i costi fissi grazie alla quantità prodotta, cosa che invece non è possibile per le attività più piccole. Mi pare anche che ci sia l’intenzione di prevedere degli interventi ad hoc per le aziende con fatturati superiori ai 5 milioni di euro e per le start-up. Una volta che ci saranno tutti i dettagli sarà quindi possibile dare un giudizio più specifico, ma trovo che l’impostazione che si intende seguire sia corretta.
Giusto anche basarsi sul confronto tra il fatturato medio mensile del 2020 e quello del 2019?
Sì, anche perché si tratta di due anni i cui dati sono noti all’Agenzia dell’Entrate e ciò consente di poter effettuare delle verifiche rapide.
Quello delle verifiche sembra un aspetto importante, dato che per richiedere l’indennizzo sembra verrà richiesta solo un’autocertificazione relativa alla perdita del fatturato sufficiente ad averne diritto. Non si corrono rischi di abusi?
No, perché l’Agenzia delle Entrate, che dovrà erogare poi gli indennizzi, ha tutti gli strumenti e i dati per fare una verifica rapida. Certo 2,7 milioni di potenziali domande non sono poche, ma è pur vero che esiste anche una sorta di deterrente contro le dichiarazioni mendaci, perché si configurerebbe il reato di frode fiscale. Chi rischierebbe così tanto quando la controparte ha un enorme mezzo di prova?
Sembra anche che il Governo intenda inserire nel decreto il 30 aprile quale data entro cui far arrivare gli indennizzi richiesti sui conti correnti degli aventi diritto, sempre che non preferiscano ottenere un credito d’imposta. È possibile rispettare tale termine?
Credo di sì, perché non sembrano esserci particolare passaggi burocratici. Non si è scelto, come aveva fatto inizialmente il precedente esecutivo, di far gestire all’Inps questi indennizzi, ma si è dato in mano tutto all’Agenzia delle Entrate che ha i dati per poter verificare la veridicità delle autocertificazioni, il contatto diretto con il Mef per avere le risorse per erogare gli indennizzi e la possibilità di poter garantire il credito d’imposta.
Nel Decreto sostegno dovrebbero esserci anche 600 milioni di euro destinati al turismo invernale. Basteranno?
Va detto anzitutto che è giusto prevedere lo stanziamento di risorse per quanti sono stati illusi di poter ripartire, ma poi sono stati “beffati”. Sarà importante capire le modalità con cui verranno distribuiti questi 600 milioni, ma credo che con il ripristino del ministero del Turismo ci siano stati i dovuti confronti con le associazioni di categoria e che quindi gli stanziamenti rispondano in qualche modo alle loro richieste.
(Lorenzo Torrisi)