Un importante studio ha permesso di salvare DNA ritrovato su un gioiello in pietra risalente al Paleolitico, facilitando quindi la comprensione del comportamento e della cultura umana preistorica. Ad aver riportato questa scoperta è stato Le Monde, parlando del rivoluzionario metodo di recupero del DNA operato da Matthias Meyer, del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia, in Germania, e da Marie Soressi, archeologa francese dell’Università di Leyde, nei Paesi Bassi.
Il punto di partenza dello studio è stato il ritrovamento di un pendente di dente di cervo del Paleolitico superiore proveniente dalla grotta di Denisova, in Russia, che ha portato al recupero di antichi genomi mitocondriali umani e cervi, che hanno permesso di stimare l’età del ciondolo a circa 19.000-25.000 anni. L’articolo esemplificativo della ricerca è stato pubblicato il 3 maggio scorso su Nature.
DNA: denti e ossa sono i materiali ideali per il suo isolamento
Gli oggetti ricavati da ossa o denti hanno una particolare propensione a trattenere il DNA grazie ad un particolare minerale in essi contenuto, l’idrossiapatite, che è in grado di fissare le molecole biologiche, stabilizzandole e rallentandone la degradazione nel tempo. In pratica questi materiali fungono da ‘trappola’ per il DNA.
Grazie a questa proprietà nel ciondolo ritrovato di recente è stato facile identificare l’appartenenza ad una donna, attraverso l’applicazione di un metodo di isolamento non distruttivo che permette il rilascio graduale, rendendo possibile distinguere il DNA che è penetrato in profondità in un oggetto durante la sua fabbricazione o il suo utilizzo da quello che può provenire dal sedimento circostante. In questo senso è possibile quindi capire le usanze dell’epoca e per quali finalità certi manufatti preistorici venivano usati.