Arriva una nuova – qualcuno direbbe l’ennesima – doccia d’acqua fredda sulla testa dei tanti docenti precari che attendono di vedersi confermato il posto di ruolo dopo aver superato (da protocollo) i concorsi ed aver passato anni a ballare tra un istituto e l’altro, tra un posto vacante ed un altro: una doccia gelata che questa volta riporta la firma della Commissione UE che ha risposto all’appello firmato dal professor Alessio Giaccone che vive in questa condizione di incertezza – e soprattutto precarietà – dal 2020 quando è stato dichiarato idoneo al concorso che si tenne quell’anno.



La ragione per cui Giaccone – in qualche modo facendo le veci dei numerosi docenti precari italiani – ha interpellato la Commissione è legata soprattutto ai bandi di concorso indetti in calce alle nuove regole imposte in seno al PNRR: per volere di Mario Draghi – infatti – al PNRR furono riservate 70mila cattedre di ruolo che dovevano essere coperte nell’arco di un biennio. Grazie alle spinte del ministro Valditara la finestra di assunzione è stata estesa fino al 2026 e – proprio in virtù di questa maggiore flessibilità – nel 2023 si è riusciti a rendere di ruolo 6mila precari in attesa (come Giaccone) dal 2020.



Commissione UE: “Non possiamo imporre in alcun modo agli stati di assumere i docenti precari”

Tenendo a mente questo discorso, Giaccone ha chiesto alla Commissione UE delucidazioni sui meccanismi di assunzione del PNRR per i docenti precari, sottolineando che nonostante sia risultato “idoneo” – cita il sito OrizzoneScuola – nei due concorsi a cui si è sottoposto “non sono stato immediatamente immesso in ruolo”: la risposta non è stata certamente quella che si aspettava, dato che la Commissione ha – innanzitutto – precisato che il PNRR mira solamente ad imporre vincoli per riformare il meccanismo di assunzione dei docenti al solo fine di superare gli abusi derivanti dai contratti a tempo determinato.



Non solo, per la Commissione ha anche messo in chiaro di non avere “alcuna competenza diretta per imporre” al governo italiano – o a qualsiasi altro – di “assumere” i docenti precari fintanto che “l’accordo quadro” preveda “almeno una misura efficace” per evitare e prevenire i già citati abusi a completa discrezione degli stati membri: tesi confermata anche dalla Corte di giustizia UE che ha negato la sussistenza di “un obbligo” alla conversione “dei contratti a tempo determinato in contratti indeterminati”, specialmente in un campo come l’istruzione – con buona pace dei sensi per i docenti precari – che rimane completamente nelle mani della sovranità nazionale.