Il grande Dodi Battaglia è stato ospite nella mattinata di ieri del programma di Rai Uno, Dedicato: “E’ un momento bello – esordisce lo storico chitarrista dei Pooh – sono riuscito a mettere insieme tutti i pezzi della mia famiglia sparsi per il mondo, ho con me la mia figlia più grande, che ha un marito e due bimbe bellissime, quindi c’è anche la mia figlia più piccola e io mi riposo nella mia figura di padre e di nonno, sto benissimo, faccio queste belle tavolate patriarcali. Sono in Sardegna vicino a Porto San Paolo, qui è un paradiso sempre”. Ma quanto è stata importante la sua famiglia per introdurlo nel mondo della musica, chiede Serena Autieri, la conduttrice dello show: “Vengo da una famiglia di musicisti, mio padre suonava il violino e mia mamma viene a sua volta da una famiglia di musicisti, suo fratello accordava ad orecchio il pianoforte, una cosa impensabile, avevano questo dono. Io ho iniziato ad ascoltare musica nel grembo di mia madre e quando ho avuto 5 anni ho manifestato molto caldamente la mia volontà di suonare e volevo suonare la fisarmonica, lo strumento più popolare, era lo strumento con cui assieme alla chitarra si andava nelle aie nelle feste. Abbiamo avuto la possibilità di fare una passione una professione noi di Bologna”.



E ancora: “La prima canzone che ho suonato era di Renato Rascel. Ho suonato quella perchè era nell’aria in quel momento, era normalissimo ma tutti sgranarono gli occhi, e cominciai ad imparare musica a 5 anni, ho letto prima le note delle lettere”. Sul brano Uomini soli, uno dei pezzi mitologici dei Pooh: “Siamo andati a Sanremo come scolaretti, non puntavamo alla vittoria, questa non era una canzone sanremese, non era ‘cuore e amore’, credo sia stata una grande dimostrazione di maturità del pubblico e della critica che ha voluto premiare una canzone di una profondità simile. Capisci che la gente è molto più intelligente e sensibile di quanto i discrografici e critica possano pensare”.



DODI BATTAGLIA: “VI SVELO IL SEGRETO DEI POOH”

Ma qual è stato il segreto dei Pooh? “Tolleranza, pazienza e un’altra cosa, un grande obiettivo, quando si hanno i grandi obiettivi automaticamente sopraggiungono tolleranza, comprensione, spigoli arrotondati e non conflitto, c’è sempre la possibilità di arrivare ad un compromesso che accontenta mediamente tutti come può essere una famiglia o un gruppo musicale. Serve un grande obiettivo, la continuazione di un grande amore iniziale, e poi i grandi obiettivi si coltivano con le persone per bene come ad esempio quando abbiamo detto che sarebbe bello a 50 anni di attività. Quando lo dicevamo sembrava una roba impensabile e invece è successo ed è stata una delle cose più emozionanti della vita. A San Siro c’erano 60/70 mila persone che piangevano”.



Infine ha presentato il suo album di inediti “Inno alla musica”: “Dopo la fine dei Pooh ho passato un periodo in cui non ero pronto a scrivere cose nuove. Dopo 5 anni da quel momento è arrivato il momento approfittando anche del lockdown, periodo di concentrazione con il proprio interiore, periodo in cui ha evitato di vedere persone superflue e di passare il tempo inutilmente. Ho scritto 15 inediti e ho partecipato anche alla stesura dei testi, ed è un disco ancora adesso ai primi posti delle classifiche. Ci sono momenti importanti come “Una storia presente” dedicato all’amico Stefano, mancato poco fa in maniera inspiegabile e dolorosa. Lui e io siamo la storia ma anche il presente, lui è nelle nostre memorie nei nostri cuori, io sono ancora vivo, faccio dischi e concerti, ho detto a lui le cose che fra due uomini difficilmente si dicono, gli ho voluto dirgli alcune delle cose importanti che non gli avevo mai detto, ed è venuto un brano molto emozionante”.