L’INCREDIBILE EPILOGO DELLA CONDANNA A DOINA MATEI
Sarà lo Stato – quindi gli italiani – a dover pagare il risarcimento di 760mila euro alla famiglia di Vanessa Russo, la ragazza uccisa sulla banchina della metro Stazione Termini di Roma dall’ombrello di Doina Matei.
L’allora 21enne (nel 26 aprile 2007, giorno della tragedia) rumena è stata infatti condannata al cospicuo risarcimento in sede civile, dopo esser stata condannata in sede penale per omicidio preterintenzionale: il problema è che risulta ancora oggi «senza fissa dimora e nullatenente» dunque i giudici hanno dichiarato che il giusto risarcimento per la famiglia Russo deve essere elargito dallo Stato.
“DOINA MATEI NON HA FISSA DIMORA”: L’OMICIDIO RUSSO FA ANCORA DISCUTERE
Doina Matei, al culmine di una lite per futili motivi, colpì con il suo ombrello all’occhio la giovane Vanessa Russo, poco più che 22enne: la ragazza era senza permesso di soggiorno ma grazie anche alle telecamere di sorveglianza, venne poi rintracciata, arrestata e condannata per omicidio preterintenzionale aggravata. Inizialmente furono 16 gli anni di carcere comminati, poi parzialmente scontati in semilibertà e in affidamento in prova ai servizi sociali fino alla fine della pena. Al primo ricorso della famiglia Russo, il Tribunale di Perugia dichiarò insolvente la Matei, così i genitori di Vanessa si rivolsero al Tribunale di Roma: «Non è una questione di soldi ma di giustizia – denunciava, nel 2017, Giuseppe Russo, padre di Vanessa, al “Messaggero” – La vita di una persona non ha prezzo, ma qui pare che nessuno sia responsabile. La condanna prevede un risarcimento di cui nessuno parla. La responsabile non ha soldi, allora dovrebbe farsene carico lo Stato ma lo Stato non paga. Mia figlia è stata uccisa in città, sotto la metropolitana, nella stazione, senza alcuna sorveglianza». Ora quel risarcimento arriverà per decisione della Corte d’Appello di Roma, la quale ha accolto il verdetto della Corte di Giustizia Europea. «Lo Stato italiano non è stato condannato al risarcimento in luogo della responsabile del fatto e in forza di una ipotizzata responsabilità sussidiaria, ma in virtù di una propria responsabilità diretta, che trae origine dall’inosservanza di un obbligo comunitario: quello, reiteratamente disatteso, di dotarsi di una legge volta l’indennizzo delle vittime di reati violenti», commenta l’avvocato della famiglia Russo, Giovanni Spina. Per il legale della ragazza rumena oggi 37enne, Carlo Testa Piccolomini, la sentenza è più che giusta e non è un “regalo” a Doina Matei: «L’obbligo di risarcire la vittima, in reati particolari gravi, a carico dello Stato, a fronte della impossibilità di farlo da parte dell’autore del reato, viene sancito della giurisprudenza comunitaria cui, l’Italia, si è dovuta adeguare – commenta l’avvocato al “Messaggero” – Contrariamente a quanto riportato da alcuni, non si è trattato dell’ennesimo regalo alla romena. A Doina Matei è stata inflitta una pena esemplare, senza la concessone di attenuanti generiche, nonostante la giovanissima».