Dolce e Gabbana ripercorrono i loro grandi successi sulle pagine del Corriere. I due stilisti, simboli di una moda fatta di italianità, raccontano l’acquisto del Metropol: “Prima di diventare un cinema era un teatro, ci cantò anche la Callas, il nostro idolo musicale. Io (Gabbana, ndr) non sono uno che si ferma a guardare indietro, non è il mio carattere, penso alla prossima sfilata, però certo quando andammo a vedere il Metropol che era in vendita e capimmo che era perfetto per noi, che l’avremmo comprato sicuramente, be’, ammetto che quella volta mi emozionai. Era il cinema dove andavo da bambino, da ragazzo, e adesso diventava mio. Quella è stata una pietra miliare importante del percorso fatto fin lì. Le nostre sfilate milanesi, da quando abbiamo il Metropol, generalmente avvengono qui. Ma, a volte, abbiamo scelto per i nostri eventi luoghi di Milano che a noi sono particolarmente cari, con lo spirito di un omaggio e di un ringraziamento alla nostra città”.



La città, ai due, è particolarmente cara. Anche a Stefano Dolce, che è nato a cresciuto in Sicilia e si è trasferito a Milano a 18 anni. Gabbana continua: “Milano ha una bellezza segreta, non sempre nota anche agli stranieri che a Milano vengono almeno quattro volte l’anno per lavoro. E allora ecco che Palazzo della Ragione, Palazzo Marino, la Scala, Palazzo Litta, la Pinacoteca Ambrosiana, Casa degli Atellani e i chiostri di Santa Maria delle Grazie ci hanno ospitato. Ripensando a quelle giornate, alla gioia e all’ammirazione per quei luoghi unici al mondo che vedevamo negli occhi dei nostri ospiti stranieri… Bé, ci emozioniamo ancora. Sono tra i ricordi più belli del nostro lavoro”.



La forza dell’Italia

Nella moda di Dolce e Gabbana, sono fortissimi i richiami all’Italia. L’attaccamento è evidente in ogni capo, in ogni collezione. Al Corriere, gli stilisti spiegano quello che secondo loro è il trucco della penisola: “L’Italia è fortissima perché è popolare: l’opera, l’arte, il cinema italiano sono fenomeni di massa. Tutte le Little Italy del mondo erano dei pozzi di umanità unici, e a noi addolora vedere come per esempio a New York Little Italy si sia diluita fino a scomparire, a Manhattan come a Brooklyn. Conoscemmo una signora di Sciacca che a Little Italy vendeva i dischi di Mino Reitano: mitica, andavamo sempre a trovarla. Perdere questa verità, questo patrimonio di umanità, di vite vissute è un grande danno. A noi il pop è sempre piaciuto un sacco, l’Italia è Verdi ma anche Sanremo, Pavarotti cantava l’opera ma anche “O Sole Mio” e “Mamma”. Chi dice: Italiani pizza e mandolino credendo di insultarci in realtà ci fa un complimento, di solito lo dice gente che viene da posti dove si mangia male e la musica è tremenda, e si vive male”.



Gli italiani, secondo Dolce e Gabbana, hanno un’intelligenza speciale, in grado di risolvere gli imprevisti e di essere flessibili: “All’estero tutti vogliono l’Italia, per questo non comprendiamo come ci possa essere chi, da italiano, ha complessi di inferiorità. I complessi di superiorità sono sempre odiosi e sbagliati, ma sentirci inferiori? Noi italiani? La storia degli italiani all’estero è una storia, all’inizio, storicamente, di sofferenza, è vero. Ma, alla fine, è la storia della vittoria contro tutto e tutti. Adesso tutto il mondo sa che se sei un italiano che lavora all’estero sei bravo a fare il tuo mestiere, sei un lavoratore, hai l’intelligenza speciale degli italiani che è fatta anche di flessibilità (la rigidità non è intelligente), di capacità di risolvere gli imprevisti”.