Domenico Arcuri rischia una condanna a un anno e quattro mesi per abuso d’ufficio. Questa è quantomeno la richiesta della procura di Roma nell’ambito del processo, che si sta svolgendo in rito abbreviato, che vede sul banco degli imputati l’ex commissario straordinario per l’emergenza Covid. La vicenda riguarda l’indagine su una fornitura di mascherine dalla Cina che era stata commissionata durante la fase più critica della pandemia che ha colpito l’Italia per prima in Europa. Inoltre, come riportato dall’Ansa, i pm capitolini hanno chiesto una decina di rinvii a giudizio per gli imputati che invece hanno scelto invece di procedere con rito ordinario.
Dal capo di imputazione si evince quanto sostenuto dall’accusa, cioè che gli imputati avrebbero sfruttato in “concorso” le loro relazioni personali e occulte con Domenico Arcuri, il quale assicurava ai partner di Mario Benotti (imprenditore poi morto) una sorta di esclusiva riguardo le trattative per le forniture di mascherine chirurgiche e i dispositivi di protezione individuali. L’accusa ritiene che questo sistema riuscisse a garantire un rapporto commerciale con la Pubblica amministrazione «senza assumere alcuna responsabilità sul risultato della propria azione e sulla validità delle forniture che procurava».
MASCHERINE DALLA CINA, INTERMEDIAZIONI NEL MIRINO
L’inchiesta che ha coinvolto, tra gli altri, Domenico Arcuri riguardava l’acquisto di oltre 800 milioni di mascherine per un valore di 1,25 miliardi, che è stato effettuato con l’intermediazione di alcune aziende italiane. Nell’inchiesta riguardare l’importazione dalla Cina delle mascherine, la procura di Roma inizialmente aveva anche ipotizzato il reato di corruzione, di cui però è stata chiesta l’archiviazione al termine delle indagini. Di fatto, la ricostruzione degli inquirenti è quella di una rete che avrebbe usato influenze e rapporti personali per avere un accesso privilegiato all’affare.
Infatti, grazie alle commissioni ottenute dai consorzi cinesi, sempre secondo l’accusa, gli intermediari sarebbero riusciti a comprare beni come case, una barca da 770mila euro, moto e orologi di lusso, per un valore complessivo di 69,5 milioni di euro, riportò il Post. La procura di Roma si era soffermata anche sul rapporto tra Domenico Arcuri e Mario Benotti, definito dai pm un «passepartout» che ha permesso agli indagati di ottenere un vantaggio competitivo rispetto ai possibili fornitori concorrenti durante la prima fase della pandemia. La tesi della procura di Roma, riportata da Domani, è che Arcuri abbia favorito consapevolmente Benotti, che conosceva da tempo, permettendogli di fare affari in modo illegittimo. L’ex giornalista della Rai avrebbe fatto parte di una rete di imprenditori che hanno incassato provvigioni milionari tramite le intermediazioni, che per i pm erano illecite.