«Nella Fase 2 tutto passa dalla responsabilità dei singoli, dei giovani innanzitutto, sono realista da qualche parte il virus potrà riacutizzarsi»: così il commissario straordinario all’emergenza Domenico Arcuri ha riannodato i fili oggi nell’intervista a il Fatto Quotidiano circa gli ultimi mesi di forte emergenza coronavirus in tutta Italia. Dopo le forti polemiche sulle mascherine e i Dpi e con ancora i materiali non disponibili in numero sufficiente per l’intera Italia, Arcuri difende il suo operato non senza lasciare nuove “stoccate” a quelli che lui stesso ha ridefinito «liberisti da divano». Ma andiamo in ordine: il Covid-19 potrà tornare e, a leggere Arcuri, saranno i giovani con la loro “movida” a doversi dare una regolata «i bombardamenti in guerra durano minuti, qui 24 ore e sono invisibili. Per giorni, ho attraversato una Roma vuota, impaurita e dolente. Questa emergenza non è un evento limitato nello spazio e nel tempo, ma un flusso continuo. Senza una data prevista per la fine».



In merito al difficile lavoro di reperimento dei materiali dalla Protezione Civile e Invitalia, il commissario Arcuri difende la sua linea «tutti i Paesi erano disarmati e impreparati. A me è toccato cercare dispositivi e attrezzature. In teoria un compito semplice ed elementare ma il nostro è uno Stato federalista, c’era bisogno di una risposta nazionale come questa struttura». In tutto questo l’aiuto prezioso e il sostegno del Premier Conte lo ha sorpreso: «io ho solo preteso che il mio lavoro fosse a titolo gratuito».

LA LITE ARCURI-CALENDA

Non mancano però le polemiche alzate da Domenico Arcuri contro chi, ancora oggi, contesta i risultati raggiunti dall’operato del suo commissariamento: «Le mascherine si facevano in Cina e c’era un mercato governato da affaristi e potenti intermediari, con scene da Miseria e nobiltà. Totò cerca mascherine. Un giorno dovevamo muovere un aereo di Stato per la Bulgaria, per un cargo di mascherine. Non c’erano le mascherine, né il cargo», spiega il n.1 di Invitalia, «è una regola che ho imposto io, non si paga anticipatamente. In un’altra occasione, l’emissario di un Paese ha soffiato ai nostri buyer un carico già sottoscritto con un contratto. L’ha fatto con una valigetta piena di soldi. Fino ad arrivare al prezzo di Stato: 0,50 euro. Sono per difendere sempre le libertà del mercato, ma non quella di arricchirsi calpestando il diritto alla salute».

Ed ecco la stoccata lanciata ai “liberisti da divano” al termine dell’intervista del Fatto: «Per me la partita mascherine è chiusa e vinta. Ne sono orgoglioso. Oggi abbiamo un’industria nazionale delle mascherine con ordini che già raggiungono un miliardo e mezzo di pezzi. E a settembre avremo solo mascherine italiane. In segno di pace, regalerò al leader dei liberisti da divano, Carlo Calenda, una scatola delle mascherine che abbiamo realizzato a un costo di produzione di 0,12 euro». Inevitabile e immediata la controreplica del leader di Azione, ex Pd: «Aiaiai il subcomandante Arcuri mi Incorona leader dei liberisti da divano. Magari detto da un fancazzista da poltrona è anche un complimento».