Nel ripercorrere la sua infanzia romana, Renato Zero ha ricordato i sacrifici fatti da sua madre, Ada Pica, quando lui frequentava la scuola delle suore francesi. In quel periodo, era sua madre a preparargli il pranzo, al contrario di ciò che accadeva per gli altri suoi compagni, che potevano contare sui servitori; poi, affinché il pasto arrivasse in tempo, trasportava il tutto a piedi, lungo la scalinata di Trinità dei Monti: “portava un cestino di vimini con il pranzo, la retta era parziale e il pranzo tutti questi signori dovevano procurarselo da soli – ricorda l’artista nell’intervista a Raffaella Carrà – gli altri avevano servitori, mamma usciva dal Santo Spirito dove aveva lavorato, metteva tutto nella cesta di vimini e si faceva tutta la scalinata, lo faceva quattro giorni su sei”. Suo padre, Domenico Fiacchini, era invece un poliziotto che avrebbe voluto fare il tenore. Per questo motivo, anche se la sua strada era ormai un’altra, continuava spesso a esercitarsi tra le mura di casa. (Agg. di Fabiola Iuliano)



Renato Zero: “I miei genitori mi hanno accettato per come sono”

Renato Zero non ha mai nascosto l’importanza che i suoi genitori, Domenico Fiacchini e Ada Pica hanno ricoperto nella sua esistenza. “Sono stati meravigliosi e non mi hanno mai contestato”, ricorda il cantante in un’intervista concessa a Grazia. “Mio padre era poliziotto, mia madre infermiera e mi hanno sempre dato la possibilità di essere me stesso. Bisogna avere della radici ben piantate altrimenti con il primo vento vacilli e perdi l’equilibrio”. Sono stati infatti proprio loro il suo punto di forza, nelle quotidiane battaglie che conduceva contro le convenzioni: “Io vivevo in una casa con una famiglia ricca, meravigliosamente presente, era un parafulmine meraviglioso”, ha ricordato il Renato Zero a Domenica In. “Quando ho affrontato la vita col boa di struzzo – ogni volta che uscivo di casa mi facevo il segno della croce – lo facevo consapevole di avere questo grande punto di forza”.



Renato Zero sui genitori: “Mio padre non ha mai preteso che fossi qualcos’altro”

Come tanti altri ragazzi della sua generazione che lottavano contro le convenzioni, Renato Zero è finito spesso nel mirino della Polizia. Condotto in commissariato, ha più volte incontrato suo padre, Domenico Fiacchini, il quale però non ha mai giudicato le sue scelte. “È morto nel 1980 e di me è stato sempre fiero – spiega il divo a Vanity Fair – Senza impormi nulla, suggerirmi niente, pretendere che fossi qualcos’altro da me. Nell’intervista, il ricordo di quegli anni di ribellione, quando troppo spesso concludeva le sue giornate nel commissariato di suo padre: “Era rimasto a lavorare in centro, nel commissariato Campo Marzio – ricorda l’artista – Ogni tanto i suoi colleghi, ragazzi per cui eravamo più o meno carne da macello, facevano retate casuali. Quelli “strani”, a partire dai capelloni, finivano tutti nel blindato”.



Renato Zero: “Papà era diverso da…”

Anche se per la Polizia Renato Zero ha rappresentato una piccola minaccia, a causa del suo volersi distinguere a tutti i costi, ha sempre potuto contare sulla sua comprensione dei suoi genitori, e in particolare su quella di suo padre, Domenico Fiacchini: “Papà era diverso – ricorda infatti l’artista – Mi incontrava, con lo sguardo dolce, nei corridoi (del commissariato, ndr) illuminati dal neon: ‘Ancora qui ti trovo?'”. Renato Zero spiega però che qualche tempo dopo, con l’arrivo della notorietà, la situazione si è completamente ribaltata: “Lui diceva con orgoglio ai colleghi che fossi suo figlio – ricorda a Domenica in il cantante – Lui ha dovuto subire questa cosa, poi improvvisamente c’è stato un riscatto quando sono diventato Renato Zero, perché tutti gli chiedevano i biglietti gratis e lui sventolava con fierezza il biglietto comprato”. Una passione, quella per la musica, che a quanto pare ha ereditato proprio da suo padre, che “poteva diventare un grande tenore” e invece ha scelto la divisa.