Renato Zero e il complicato con il padre Domenico

Renato Zero e il padre poliziotto: un rapporto complicato che il cantautore romano ha ripercorso anche nell’intervista rilasciata all’amica Raffaella Carrà nel programma “A raccontare comincia tu”. “Io non volevo assolutamente accondiscendere a certe regole perché ritenevo che si potesse sovvertire l’ordine delle cose” – ha dichiarato l’artista circa il mestiere del padre. Non è stato semplice per Zero avere un padre poliziotto anche se precisa  “era un grande padre”.



Dietro però quella divisa c’erano un mondo di regole che lui sin da ragazzino ha voluto raggirare. “Uscivo da quel portone, con la benedizione di mio padre ad indossare la mia seconda pelle” – ha detto il cantante che successivamente ha rivelato – “la polizia non mi piaceva in quel tempo perché mi sottraeva mio padre dalla mia felicità. Ho vendicato mio padre con le paillettes”. L’essere figlio di un poliziotto ha segnato la vita del piccolo Renato Fiacchini che in una intervista ha raccontato: “avevo pure un padre poliziotto. Insomma ero agli arresti domiciliari, da appena nato. Ho dovuto piano piano sfasciarmi. Io volevo camminare con le mie gambe. E come reagente a questa condizione frustrante, cominciai a prendere confidenza con il beauty case, con le paillettes, con i fondotinta, con la pittura. Non è che mi truccassi, mi dipingevo la faccia. Io cercavo i colori, cercavo lo sfolgorare, cercavo la maniera di riemergere da questo fango, dalle costrizioni di una opacità che non era sopportabile a tredici, quattordici anni. Era troppo serrato, il mio barattolo”.



Renato Zero e il padre Domenico: “era un poliziotto tutt’altro che severo”

Nonostante il mestiere però il padre ha sempre creduto nel figlio. Proprio Renato Zero ha rivelato un aneddoto della sua vita: “un giorno mio padre che era un poliziotto – tutt’altro che severo, era un grande padre – mi disse: “Senti, che hai dentro quel sacco?”. Io risposi agitato: “Niente, papà”. “Fammi vedere…. Tu esci con queste cose, poi ti vesti e poi ti devi cambiare, non va bene. Da domani esci direttamente vestito così”. Quello era mio padre. Considera che in quel palazzo c’erano centotrentasei poliziotti, perché era un alloggio della polizia di Stato. Quando uscivo da quel portone, con la benedizione di mio padre ad indossare la mia seconda pelle, questi da dietro le tapparelle quello che non potevano dire! Quella è la scuola della vita. Io ho lasciato quella ufficiale per affrontare un’altra scuola dove la laurea è faticosa. Ma quando ne prendi una, le hai prese tutte”.

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