DOMENICO RUSSO, AGENTE DI SCORTA DEL GENERALE DALLA CHIESA

Chi è stato Domenico Russo, l’agente di scorta morto assieme a Carlo Alberto dalla Chiesa e a sua moglie, Emanuela Setti Carraro, nell’attentato di Palermo del settembre 1982 di Cosa Nostra? Questa sera, nella fascia oraria del prime time di Canale 5 (a partire dalle 21.20), andrà in onda la miniserie tv in due puntate intitolata “Il Generale dalla Chiesa”, una produzione del 2007 diretta da Giorgio Capitani e che le reti Mediaset ripropongono in vista del 41esimo anniversario della morte del padre di Rita e Nando dalla Chiesa il prossimo 3 settembre. E la celebrazione della vita e del sacrificio di uno dei tanti servitori dello Stato si lega anche a quella del poliziotto di cui non tutti conoscono la vicenda e che spirò in ospedale a qualche giorno di distanza dall’efferato agguato di Via Carini.



Ma chi era Domenico Russo e cosa sappiamo della sua vita e della sua breve carriera, spezzata a soli 32 anni? Classe 1950 e originario di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), all’epoca dei fatti era Guardia Scelta della Polizia di Stato, di stanza nel capoluogo siciliano dove era stato assegnato appunto a fare da scorta al Generale Carlo Alberto dalla Chiesa, fresco a sua volta di nomina a Prefetto di Palermo. Il giorno dell’attentato, quel 3 settembre del 1982, l’agente Russo viaggiava su un’altra auto, rispetto alla A112 guidata da Emanuela Setti Carraro e col prefetto seduto al posto di fianco. Russo seguiva i due coniugi quando una BMW affiancò la loro vettura ed esplodendo delle raffiche di Kalashnikov che uccisero prima la donna e poi il Generale che, in un estremo atto di eroismo, aveva provato ad abbracciarla ed evitare che venisse crivellata anche lei di proiettili.



DOMENICO RUSSO, IL RICORDO DELLA FAMIGLIA: “UN PROCESSO DI RIMOZIONE CHE…”

A differenza delle prime due vittime, Domenico Russo non morirà subito: il militare infatti verrà colpito da alcuni corpi di arma da fuoco arrivati da una motocicletta guidata da Pino Greco, detto ‘Scarpuzzedda’; le ferite non si rivelarono subito fatali ma comunque molto gravi e l’uomo spirerà dodici giorni dopo e a seguito di una lunga agonia, il 15 settembre, presso l’ospedale di Palermo. Solamente dopo alcuni anni per il suo omicidio e quello del prefetto e della sua consorte si risalì ai mandanti, ovvero i boss Totò Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco, Pippo Calò, Nenè Geraci e Bernardo Brusca, condannati all’ergastolo; invece Domenico Russo fu insignito della Medaglia al Valore Civile alla memoria.



L’agente “assolveva al proprio compito con sprezzo del pericolo e profonda abnegazione (…) e tentava di reagire al fuoco degli aggressori nell’estremo eroico tentativo di fronteggiare i criminali, immolando così la vita nell’adempimento del dovere”. Non solo: il poliziotto, nel 2022, in occasione del 40esimo anniversario dell’attentato, venne ricordato dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, quale “esempio di coraggio e generosa dedizione comune a tanti uomini e donne che anche oggi, per motivi familiari o professionali, coscientemente condividono i rischi e le preoccupazioni di chi è esposto a tutela della libertà, della legalità e della giustizia”. Ecco invece le parole di Filomena Rizzo, vedova Russo, la cui morte spesso è passata in secondo piano e assente a una delle commemorazioni della strage: “Non per polemica, ma perché preferisco ricordare Mimmo con gli amici che ci sono sempre stati”. Mentre uno dei due figli, Dino, all’epoca ancora un bambino: “Ero piccolo ma capii perfettamente cosa stava dicendo il conduttore del telegiornale. Cominciò da allora il processo di rimozione che mi sono portato avanti per molto tempo…”.