Domenico Russo è la terza vittima dell’attentato di mafia ai danni del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, consumatosi in via Carini, a Palermo, il 3 settembre 1982. Con loro morì anche la moglie di quest’ultimo, Emanuela Setti Carraro, all’epoca 32enne e sposata con lui da poche settimane.

Agente di polizia nato nel 1950, Domenico Russo era in servizio nella scorta del generale, allora prefetto di Palermo, quando il fuoco di un Kalashnikov li avrebbe sorpresi nel cuore del capoluogo siciliano senza dargli scampo. Un agguato in cui Domenico Russo rimase gravemente ferito finendo per morire 12 giorni più tardi. La sua storia si intreccia con quella del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e della seconda moglie Emanuela Setti Carraro, a comporre una delle pagine più atroci del lungo capitolo di stragi di mafia che insaguinarono la Sicilia per anni.



Nel 2022 ricorre il 40° anniversario dell’attentato di via Carini, ricordato dalle istituzioni con una serie di commemorazioni e con il consueto messaggio del Presidente della Repubblica. Sergio Mattarella ha sottolineato l’impegno e il valore di Domenico Russo, “esempio di coraggio e generosa dedizione comune a tanti uomini e donne che anche oggi, per motivi familiari o professionali, coscientemente condividono i rischi e le preoccupazioni di chi è esposto a tutela della libertà, della legalità e della giustizia“.



Chi era Domenico Russo, agente di scorta ucciso con Carlo Alberto Dalla Chiesa ed Emanuela Setti Carraro

Domenico Russo, nato a Santa Maria Capua Vetere il 27 dicembre 1950, era coetaneo di Emanuela Setti Carraro, seconda moglie di Carlo Alberto Dalla Chiesa morta con loro nell’attentato di via Carini del 3 settembre 1982, a Palermo. Agente di polizia, all’epoca Domenico Russo era in servizio nella scorta del generale nominato prefetto del capoluogo siciliano appena un anno prima. Domenico Russo è morto all’età di 32 anni, 12 giorni dopo il grave ferimento nell’agguato di mafia.



Secondo la ricostruzione della strage, l’agente di scorta viaggiava a bordo dell’auto che seguiva quella in cui si trovavano Carlo Alberto Dalla Chiesa e la moglie Emanuela Setti Carraro quando, proprio in via Carini, una Bmw avrebbe affiancato la vettura del prefetto investendola con una scarica di colpi di Kalashnikov. Un altro membro del commando avrebbe aperto il fuoco contro il veicolo in cui si trovava il poliziotto, deceduto dopo 12 giorni di agonia all’ospedale di Palermo.

La morte di Domenico Russo, avvenuta quasi due settimane dopo quella di Dalla Chiesa e Setti Carraro, per certi versi sarebbe passata quasi in secondo piano dal punto di vista mediatico. Una questione su cui, ai microfoni di Adnkronos, il fratello della moglie del generale, Paolo Setti Carraro, sarebbe tornato nel 2019: “Posso capire che la famiglia Russo abbia sofferto tanto, anche doppiamente. Primo perché la perdita del loro caro è avvenuta 12 giorni dopo l’agguato, e nel clamore mediatico la notizia della morte di Domenico è stata trascurata, è quasi passata in seconda o terza linea. Purtroppo, c’è stato un concentrarsi sulle figure di Carlo Alberto e di Emanuela…“.

La vedova di Domenico Russo, Filomena Rizzo, alla stessa agenzia di stampa aveva annunciato di non intendere partecipare alla commemorazione a Palermo in quell’anno: “Non per polemica, ma perché preferisco ricordare Mimmo con gli amici che ci sono sempre stati“. Domenico Russo si spense lasciando la moglie, appena 26enne, e due figli piccoli, Dino e Antonio, all’epoca due bimbi di 4 e 2 anni. Proprio Dino Russo, riporta Ansa, avrebbe appreso della tragedia del padre dalla tv: “Ero piccolo – ha raccontato all’agenzia di stampa – ma capii perfettamente cosa stava dicendo il conduttore del telegiornale. Cominciò da allora il processo di rimozione che mi sono portato avanti per molto tempo. In realtà mi sono reso conto solo dopo che rifiutavo di ripensare a quanto era accaduto…“.