Don Antonio, al secolo Antonio Gramentieri, ci porta con sé in un nuovo viaggio. Non lontano da casa questa volta, a pochi chilometri da quella Modigliana Vecchia che è il centro del suo mondo, il luogo da cui parte e il luogo a cui ritorna in cui il passare del tempo è scandito dalla campana della Tribuna, ci porta sul crinale tra Romagna e Toscana, con musicisti che lo raggiungono da entrambi i versanti.



Non è potuto andare lontano fisicamente questa volta Don Antonio, dopo aver portato la sua musica negli ultimi 15 anni in giro per Europa allargata e Stati Uniti, poi negli ultimi due anni ha dovuto accettare il fatto di non essere in tour. Ma chi nella musica trova il proprio linguaggio, chi imbraccia la chitarra per dire cose che non riuscirebbe a dire con le parole, cose che peraltro sente il bisogno di comunicare, non può semplicemente stare fermo anche se non può poggiare i piedi sul legno di un palco quando arriva sera. La musica deve fluire.



Si è rifugiato quindi in un luogo, il Crinale Lab, che Gramentieri ha reso casa per sé e per i musicisti che gli gravitano intorno, un rifugio adatto ad ospitare la musica, rifugio che non ha chiuso l’orizzonte ma nei suoi tramonti rossi ha contribuito ad evocare il respiro di tramonti lontani, di tour passati e tour futuri, di antiche e nuove melodie, di vecchie e nuove collaborazioni.

Un rifugio in cui alla musica è stato concesso di continuare a fluire libera, tanto che il Crinale è già stato al centro di diverse produzioni curate da Don Antonio.

Un luogo per certi versi sospeso, fuori dal tempo, ma per questo paradossalmente più immerso nel tempo presente di molti altri luoghi, con la lucidità che può dare l’aria frizzante del mattino in collina o la neve di marzo.



Da questo luogo parte Colorama, un disco che è frutto di una convivenza, di una riscoperta della dimensione “suonata” della musica, di un confronto costante con altri musicisti. Si perché al Crinale non c’è solo un bellissimo fienile, oggi studio, in cui suonare e registrare, ma è un antico casolare ristrutturato con appartamenti e camere indipendenti, sale da pranzo con cucine e camini in pietra antica. Il Crinale è un vero e proprio laboratorio di oltre 250 mq tra vigne, ulivi, pascoli e bosco, che viene allestito ogni volta su misura al progetto, ai budget, ai tempi, uno spazio di lavoro che si compone intorno alle esigenze dello specifico progetto artistico.

In questi due anni Don Antonio ha abitato a più riprese il Crinale con il duo toscano The Graces, Luca Giovacchini alle chitarre e Piero Perelli a batteria e percussioni, spesso coinvolti anche in altre produzioni curate da Gramentieri, e nelle lunghe giornate del Crinale, tra colazioni all’aperto, corsette mattutine, sessioni in studio e serate con gli amici che li raggiungevano per cena accanto al fuoco, e i numerosi musicisti che ormai fanno parte dell’orbita del Crinale, è nato anche Colorama.

Dopo due incursioni importanti nel mondo del cantautorato, prima con The Crossing, il disco con Alejandro Escovedo, poi con il suo La Bella Stagione prodotto sempre al Crinale, Don Antonio torna con delicatezza alla musica strumentale, per la precisione lo fa con 13 brani strumentali più una canzone.

Musica strumentale stavolta leggermente diversa, almeno così pare di poter interpretare, dai lavori che Gramentieri ha realizzato prima con i suoi Sacri Cuori e poi come Don Antonio, brani strumentali in cui l’assenza di parole potrebbe quasi essere una risposta a due anni in cui le parole si sono sprecate e in molti casi hanno perso, o hanno addirittura visto cambiato e corrotto, il proprio significato a supporto di una narrazione non proprio trasparente degli eventi. Due anni in cui la musica dal vivo, per come la conoscevamo e per come ha senso di essere, si è fermata, con tour sospesi e tour mai partiti.

Nel tentativo di ridare un senso allo scorrere del tempo, di recuperare una dimensione prima di tutto umana e poi musicale, di un fare musica che si risveglia dopo il silenzio, ha preso forma Colorama, registrato proprio al Crinale con il prezioso supporto tecnico di Ivano Giovedì e Gabriele Lupo Martini, missato tra gli studi Waveroof e L’Amor Mio Non Muore, e masterizzato da Jim De Main allo Yes Master.

Che lo si ascolti in macchina, in salotto, alla scrivania dell’ufficio o in cuffia all’aperto, pare quasi di essere lì, in quel vecchio fienile, insieme ai musicisti, come se fosse un live e non la registrazione di un disco, con Don Antonio, Giovacchini e Perelli in mezzo a vecchie tastiere e rastrelliere piene di chitarre, ognuna con la sua storia, il pavimento ricoperto di effetti a pedale e percussioni pronte ad essere afferrate al volo, tappeti, microfoni, pareti di vecchi amplificatori a valvole il cui scoppiettio si mescola con il crepitio della fiamma, con le luci del tramonto che entrano dalle grandi vetrate a colorare la musica che sta nascendo, in un processo creativo collettivo, e i musicisti che suonano apparentemente incuranti di ciò che accade intorno, ognuno concentrato sull’onda che lo attraversa ma subito pronto ad alzare la testa e incrociare gli sguardi e i sorrisi nel momento in cui tutti e tre si ritrovano sulla stessa onda e gli animi/strumenti risuonano l’uno delle vibrazioni dell’altro e il pezzo prende vita, prende luce, si colora grazie al suonare insieme.

Colorama appunto.

L’ascoltatore si ritrova con loro in quel fienile, affondato in un vecchio e accogliente divano in pelle, ad ascoltare con un bicchiere di Sangiovese in mano, a chiudere gli occhi e lasciarsi portare in viaggio, o subito fuori dalla stanza con il profumo di legna bruciata nel braciere che si fonde con gli odori buoni della cucina poco lontana ad ammirare dalle vetrate la danza di gesti e sguardi del dialogo tra chitarre e percussioni, ad assistere alla particolare reazione chimica della convivialità, di un suonare insieme che genera un flusso creativo dal forte potere evocativo, una musica che dipinge panorami e stati d’animo, che suggerisce immagini.

I brani portano in diversi luoghi del mondo, passaggi rapidi tra posti lontani e posti vicini, come un set live in continua evoluzione, da una ballata ad una cumbia, passando per brani in cui risuonano Santo & Johnny, ridisegnando soundtrack italiane classiche attingendo alle partiture contemporanee americane e alla musica popolare del Sud del Mondo.

Le chitarre si mescolano così bene tra loro e si rimpallano il flusso senza che si riesca più a distinguere quale mano stia suonando quale chitarra, sicuramente il risultato è eccellente e non importa più sapere se c’è Don Antonio o Giovacchini dietro alla singola nota che a sua volta sposa il tocco elegante di Perelli. L’intesa tra i tre è indiscutibile, sono musicisti che si sono sempre misurati con una dimensione sonora internazionale e si percepisce che giocano (suonano) con i rispettivi strumenti all’interno di un orizzonte comune, si sente che parlano la stessa musica senza doversi scambiare parole.

​​Colorama è un disco che risarcisce indirettamente anche lo spirito inquieto di questi anni recenti​. Anni in cui il viaggio è stato sovente sognato, vissuto come un miraggio. Colorama è il diario multicolore di questo viaggio immaginato e infine ripreso, dipinto con le tinte di un sogno, a tratti dolce e a tratti inquieto. ​

A margine del tutto, a margine del viaggio, c’è da dire che la musica di Don Antonio, che da sempre nasce come una colonna sonora per film non ancora girati, questa volta invece si confronta con lo schermo prima ancora della sua uscita ufficiale, addirittura prima ancora di prendere la forma che possiamo ascoltare incisa. Netflix ha, infatti, selezionato alcune delle musiche del disco come colonna sonora di Wanna, docu-serie prodotta da Fremantle, che ricostruisce la storia della televenditrice più famosa d’Italia, così Don Antonio ha realizzato anche le restanti musiche originali della serie e la canzone Cinque Minuti di Te, contenuta in Colorama, è stata scelta come sigla della serie. Pensata come una canzone italiana degli anni ’60, portata con un assetto da orchestrina da ballo, Cinque Minuti di Te è affidata alla voce di Daniela Peroni e al trio musicale si uniscono Nicola Peruch a piano e synth, Roberto Villa al basso e Vanni Crociani alla fisarmonica. Una canzone dolce eppure perturbata perfetta per ritrovarsi nella storia di luce e ombre di Wanna. Un’importante occasione di visibilità per Don Antonio che però non deve distrarre dal resto del disco i cui brani strumentali meritano l’ascolto.

Colorama si può forse considerare un diario di viaggio multicolore che lega passato e futuro musicale di Don Antonio, una mappa di colori e sfumature collezionate nel viaggio, viaggio che negli ultimi due anni è stato solo sognato ed è rimasto un miraggio, un sogno a tratti dolce e a tratti inquieto. Appunti sonori ed emotivi che diventano racconto musicale di questo viaggio.

L’album esce in Italia il 30 settembre per Strade Blu Factory con distribuzione Santeria/Audioglobe.