A quasi 60 anni di distanza (esattamente 56) dal suo abbandono tra mille polemiche del famoso Clan Celentano, Don Backy – all’anagrafe Aldo Caponi – è tornato a parlare sulle pagine della Verità della rottura con il Molleggiato Adriano, aprendo per la prima volta le porte ad una possibile riconciliazione con quello che per lunghi anni è stato uno dei suoi più cari amici. Una storia – partendo dal lontano principio – che iniziò nel 1960 quando Don Backy firmò la sua primissima canzone, ‘La storia di Frankie Ballan‘, che giunse nell’arco di poche settimane sulla scrivania del “fratello di Adriano, Alessandro Celentano”.



“L’ascoltò – ricorda nell’intervista a La Verità – al telefono, rimase un po’ colpito” e su spinta della “sua fidanzata dell’epoca” decise di ingaggiare Caponi: “Quando arrivai io, nel marzo 1962, l’etichetta di chiamò ‘Clan'” e iniziò a farsi conoscere in tutta Italia. “Adriano mi accolse benissimo – racconta ancora Don Backy ricordando i bei tempi, ormai andati -, tant’è che per i primi due mesi ho vissuto a casa sua” fino a quando “ebbe l’idea di pagarmi un anticipo di royalties e andai a stare in albergo. Questa è stata la nostra bohème” che finì solamente pochi anni dopo quando Celentano si sposò e “mi elessero a colui che, artisticamente parlando, mandava avanti [il Clan]”.



Don Backy: “Se fosse Celentano a chiedermelo, sarei disposto a far pace”

Ma nel 1968 tra Don Backy e Celentano iniziarono i primi problemi, soprattutto a causa del festival di Sanremo in cui “pur di presentare Casa Bianca la fecero firmare ad un certo Eligio La Valle, un prestanome” per evitare di infrangere il regolamento che impediva ad un singolo artista di firmare due canzoni. “Volevano che firmassi come autore delle parole ma io non andai” e per tutta risposta “lo chiamarono lo stesso e fu fatta la mia firma falsa. Celentano – accusa senza troppi giri di parole Don Backy – sa come sono andate esattamente le cose”; e come se non bastasse il Clan si rifiutò anche di “pagare i miei effettivi dischi venduti“.



Ne scaturì una diatriba che presto finì in tribunale e “nel 1974 Celentano venne a transare. Firmò un assegno (..) di un quarto di quello che mi avevano sottratto e avrebbero dovuto darmi” ma Caponi accettò perché “volevo chiudere, e ritirai la querela”. Quella – “in quell’aula di tribunale”, ricorda Don Backy – fu l’ultima volta in cui si parlarono e negli anni non c’è mai stato alcun tentativo di riconciliazione.

Oggi – però – a distanza di quasi 60 anni e sull’orlo degli 85 si dice pronto a parlarne “visto che oltretutto ho ragione” e confessa che “non c’è nemmeno bisogno che dica ‘ho sbagliato’, tanto lo sa che ha sbagliato. Basta che mi proponga di chiudere questa situazione e di passare questi ultimi anni in pace”; mentre dal conto suo Don Backy si dice certo che “se lo incontrassi casualmente andrei avanti per la mia strada, a meno che lui non avesse l’umiltà di dire ‘ciao, vogliamo parlare un pochetto io e te?'”.