«Quanta forza fisica ci vuole? Tanta e qualche volta viene meno. Ma io mi porto dietro sempre la consapevolezza di essere nessuno. Sono un radiotecnico, uno che a Torino ha cominciato vivendo con la famiglia in una baracca in un cantiere in costruzione, quello del Politecnico. Da immigrato»: così don Ciotti nella lunga intervista rilasciata ai microfoni del Corriere della Sera.
Il fondatore del Gruppo Abele e di Libera si è raccontato a tutto tondo, dalla sua infanzia ai giorni nostri, passando per le tante battaglie portate avanti. Uno dei ricordi più originali di don Ciotti è legato all’infanzia e alla sua fede «fatta non di retorica ma di concretezza, ispirata alla giustizia»: «A scuola una maestra mi rimproverò ingiustamente chiamandomi “montanaro”. Cieco di rabbia presi il calamaio e glielo scagliai addosso. Questo per dire che mi portavo dentro il bisogno di arrabbiarmi di fronte alle ingiustizie. E poi, certo, ero segnato dalle difficoltà».
DON CIOTTI: “LA JUVENTUS MI REGALO’ SETTE MUCCHE”
Don Ciotti ha ripercorso la storia delle sue battaglie, a partire dalla vicinanza ai giovani con problemi di droga. Il religioso ha ricordato di aver seppellito anche due-tre ragazzi a settimana per overdose e Aids – «faticavo pure a trovare una lettura del Vangelo che non fosse uguale a quella proclamata pochi giorni prima» – per poi ricordare il contrasto alla mafia che lo ha visto sempre in prima linea con Libera. A proposito delle minacce di Totò Riina – «Ciotti, Ciotti, putissimo pure ammazzarlo» – ha rimarcato le grandi preoccupazioni per la salute dei suoi genitori che «venivano a sapere di queste minacce e ne soffrivano». Tifoso della Juventus, don Ciotti ha ricordato quando il club bianconero gli regalò sette mucche gravide: «Sapevo che Boniperti aveva chiesto in premio alla sua società, per ogni goal segnato, una mucca gravida. Da uomo lungimirante e intelligente non voleva investire in attività finanziarie, ma nell’agricoltura. Allora contattai la squadra tramite Gian Paolo Ormezzano e proposi un patto: ci avrebbero donato una mucca per ogni scudetto vinto. Bene, la Juve vinse sette dei dieci campionati successivi. Ero felice anche perché io sono tifoso juventino».