L’ESPERIENZA DEI “QUADRATINI” CON DON EUGENIO NEMBRINI: DA TRE ANNI LE MESSE ONLINE CON GLI AMICI MALATI

Dalla prima ondata Covid, Don Eugenio Nembrinisacerdote missionario, già rettore dell’Istituto Sacro Cuore di Milano e guida della comunità di Comunione e Liberazione nel Lazio – ha organizzato un ciclo di sante messe online per i tanti malati e impossibilitati ad uscire di casa per recarsi in Chiesa. In una lunga lettera al quotidiano “Avvenire”, Don Nembrini racconta l’origine di queste messe con i cosiddetti “quadratini”, ovvero le tante facce sulla schermata del computer che appaiono durante i collegamenti: l’incontro cristiano 2.0 dove però la “presenza” è tutt’altro che immaginaria o meramente tecnologica.



«La vita anche quando è dura, è stupenda, perché proprio in questa vita il Mistero può vincere»: per il sacerdote di origini bergamasche, fratello del professore Franco Nembrini (celebri le sue letture della Divina Commedia di Dante), Dio è all’opera sempre e continua a riaccadere anche oggi, duemila anni dopo la Resurrezione. Lo stupore tipico dei bambini di fronte alla vita va via via spegnendosi, racconta ancora Don Nembrini nella lettera ad “Avvenire”: si smarrisce il senso ultimo della vita e si rischia il cinismo e la delusione continua davanti agli oggettivi problemi della vita adulta. Ma è dentro questo scenario che Dio agisce in prima persona: «non permette mai che in noi si addormenti del tutto quel cuore che ci ha dato. Resta vivo».



Ma per sentire la voce di Dio agire dentro di sé manda di continuo amici e testimoni che ci “destino” dal proprio torpore e disagio: e così nasce l’idea dei “quadratini”, nata da un’esigenza materiale di una messa online durante la pandemia e poi proseguita fino ad oggi. Ormai sono circa 2mila i “quadratini” da tutta Italia che ogni giorno si collegano con la Santa Messa raccontando poi come stanno e come vivono le proprie malattie e difficoltà: di questi, 167 amici sono già volati in Paradiso, racconta Nembrini senza perdersi in parole “retoriche”. Dentro quel dolore «accade un’esplosione di vita»: il prete missionario racconta di un’amica che pochi giorni fa gli è stato diagnosticato un tumore al cervello insperabile ma che lo raccontava con un sorriso “misterioso”. «Se dovessi scegliere tra morire e perdere Gesù, sceglierei Gesù perché la cosa più grande che ho scoperto non è la vita ma Gesù».



L’ESPERIENZA DELL’INCONTRO CON CRISTO ANCHE NEL DOLORE PIÙ GRANDE

Il tema però non un malcelato spirito di “martirio”, come se questi tanti “quadratini” non amino la vita o peggio la mal considerino: per Don Eugenio Nembrini, il punto è un’altro, come racconta un’altra testimonianza «desidero che quando Dio verrà a prendermi, mi trovi viva». Oppure come raccontano due ragazzi poco prima della morte della loro mamma: «lei ci ha fatto un regalo, ci ha testimoniato che si può vivere senza mamma ma non senza Gesù».

Il cristianesimo è in fondo questa “cosa” qui, sottolinea il sacerdote: oggi come 2mila anni fa, «accade nell’incontro con persone che suscitano un’attrattiva per il modo che hanno di vivere tutto, al punto di dire oggi ciò che si diceva un tempo davanti a Gesù “ma che tipo! Chi è costui?”». Per poter scoprire la bellezza della vita, confessa don Eugenio, «Dio mi ha fatto incontrare questi testimoni della risurrezione». Nel periodo della Pasqua, vale la pena riaffermare che la resurrezione non è un evento legato solo a 2000 anni fa, ma è un’esperienza viva e presente: «è l’esperienza quotidiana di amici che arrivano ad abbracciare la vita a la morte a gustare la realtà, a brindare quando uno va in Paradiso», e tutto perché «vedono la vittoria di Cristo dentro qualsiasi circostanza». Questo per Nembrini è oggi la resurrezione, dentro la fatica della vita: «poter scoprire come Gesù vince dentro qualsiasi istante».