La puntata di ieri del programma di Rai Uno, Sulla Via di Damasco, è stata dedicata ai 50 anni della Caritas, e per l’occasione è stato intervistato il direttore dell’organismo caritatevole dal 2012, Don Francesco Soddu. “Sono i nuovi poveri che rientrano nei rapporti della Caritas – spiega il sacerdote – e questo ce lo ha confermato Draghi e il prof Boeri quando, raccogliendo i dati dell’Istat li ha confrontati con quelli della Caritas. La Caritas intercetta in maniera capillare quelli che sono i problemi che non vengono intercettati da altri organismi. Quali sono i nuovi poveri? Coloro che sono il risultato delle ingiustizie umane, quelle che derivano dagli squilibri. Durante la pandemia tutto si è fermato, ma c’è un’economia sommersa che non si è fermata, quella della ingiustizie, come la produzione e il commercio delle armi, che si sono intensificati, e coloro che hanno fatto le spese sono i più poveri del pianeta. Dall’inizio della pandemia c’è stata un incremento delle persone che patiscono della fame di 118 milioni di persone, ma che muoiono di fame sono 811 milioni di persone”.
Sulle origini della Caritas: “Papa Paolo Sesto inventò la Caritas con una prevalente funzione pedagogica per coinvolgere quanto più possibile la comunità”. Sui recenti complimenti di Papa Francesco: “Quando il Papa ha detto che siamo parte viva della Chiesa significa nutrire anche la Chiesa di questa vitalità, se non si nutre e non si coltiva si finisce per morire, da una parte il complimento e la gratitudine e dall’altra viene consegnato anche un grande impegno”. Sull’8 x 1000: “E’ un’opera bella a cui tutti gli italiani possono partecipare che poi ritorna come servizio indiretto ma attivo, ci si sente parte di un processo virtuoso necessario da mettere in campo. Senza questo contributo non riusciremo a portare avanti la nostra opera. A Caritas afferiscono le somme che la CEI determina, poi Caritas promuove i progetti, dietro c’è tutto un lavoro, non si deve banalizzare mai un’opera meritevole come quella dell’8×1000”. Viene chiesto a don Francesco Soddu se ci si abitua mai a vedere un volto segnato dalla fame: “Un mio amico ha detto ‘mi graffia l’anima’. Una persona che si abitua ad un volto sofferente passa all’indifferenza. Qui a Roma si incontrano tante persone che soffrono e che hanno necessita, e quando si fa finte di niente si passa dalla parte dell’indifferenza e il risultato è l’abbandono”.
DON FRANCESCO SODDU E IL LOCKDOWN: “ABBIAMO TENUTO APERTO GRAZIE AI GIOVANI”
Sul periodo del lockdown: “Durante il lockdown il primo problema è stato come tenere aperte i servizi della Caritas. Molti volontari over 60 non potevano prestare il loro servizio, erano stati i primi contagiabili, quindi molte Caritas si trovarono sguarnite ma anche desiderose di continuare i servizi. Abbiamo lanciato l’appello e molti lo hanno accolto: invece di guardare le scarpe solleviamo lo sguardo e vediamo cosa ci viene offerto. Molti ragazzi non andavano a scuola, si trovavano ad essere bloccati, e abbiamo utilizzato queste persone. Molte Caritas hanno potuto rivitalizzarsi grazie all’esperienza di questi ragazzi. Non è stata solo nuova mandopera ma ascoltare la voce dello spirito. Dio scrive dritto anche nelle righe storte della storia, cerchiamo di cogliere i messaggi del Signore”.
E ancora: “In questo periodo abbiamo cercato di vivere alla giornata cercando di capire il messaggio, non si può vivere perdendo tempo. Durante il lockdown ho potuto respirare e toccare con mano la grande disponibilità delle persone a mettersi a disposizione in tutto ciò che potevano, la Caritas questo ha optato, ha tenuto la regia di solidarietà e carità”. Infine sui poveri e i giovani, che secondo don Francesco Soddu ‘navigano’ sulla stessa barca: “I poveri sono i primi ad accogliere l’aspetto essenziale della vita persona, e non a caso poveri e giovani fanno tutt’uno, perchè i giovani sono i poveri fra i poveri, hanno capacità di cogliere qualcosa di inedito che è necessario ascoltare oggi”.