LA PREFAZIONE DI PAPA FRANCESCO AL LIBRO SULLE OMELIE DI DON GIACOMO TANTARDINI

Papa Francesco ha firmato la prefazione dell’ultimo libro edito dalla Libreria Editrice Vaticana che raccoglie le omelie di Don Giacomo Tantardini, sacerdote responsabile di Comunione e Liberazione a Roma (1946-2012), presso San Lorenzo fuori le Mura nella Capitale durante gli ultimi anni della sua straordinaria testimonianza cristiana. Una prefazione che fa seguito ad un rapporto d’amicizia durato anni tra Jorge Mario Bergoglio e il sacerdote “fulminato” in Seminario a Vengono dall’incontro con Angelo Scola e il fondatore di CL, Don Luigi Giussani.



«Nel corso degli anni le sue omelie hanno nutrito spiritualmente migliaia di giovani e non più giovani che affollavano il sabato sera la basilica di San Lorenzo fuori le Mura. Nessuno si distraeva, quando predicava: ogni parola restava nel cuore e illuminava la vita»: così scrive Papa Francesco nella prefazione pubblicata dal sito di Comunione e Liberazione e da Vatican News. Sorridente alla vita anche nei momenti di massimo dolore per la malattia che lo ha segnato, Don Giacomo Tantardini ha rappresentato il volto di Cl a Roma, aprendo le porte della cristianità ai tanti che ne sono rimasti affascinati proprio grazie al suo particolare carisma.



«Leggere e meditare le sue prediche farà bene alla nostra anima anche oggi, perché esse ci comunicano l’essenza originale della vita cristiana. C’è sempre bisogno nella Chiesa di recuperare l’essenziale», ricorda ancora il Papa nello scritto inserito all’inizio del volume dedicato a Don Giacomo. Non uno sforzo moralistico, né un insieme di regole, il cristianesimo per Tantardini testimoniava la Grazia come vera protagonista dell’agire di Dio nella vita umana: «l’iniziativa di Dio sempre previene e anticipa ogni nostra intenzione, accendendo un desiderio di bene per noi e per il nostro prossimo». Grazia ma anche attrattiva, questo il legame che insegnava Don Giacomo a chiunque incontrava in quanto Cristo incontra il cuore dell’uomo sempre tramite il fascino della sua umanità.



LA CROCE, DON GIUSSANI E LA PASSIONE PER GESÙ: L’AMICIZIA TRA BERGOGLIO E DON GIACOMO TANTARDINI

Dall’abbandono all’abbraccio di Gesù fino allo sperimentare anche la Sua Croce, passando per gli insegnamenti e le testimonianze di Don Giussani sempre al servizio della Chiesa: questo racconta Papa Francesco del suo particolare rapporto di amicizia con Don Giacomo Tantardini, sviluppato a cresciuto negli ultimi anni di vita del sacerdote originario di Barzio nel Lecchese. Come ha raccontato per “IlSussidiario” Massimo Borghesi un anno fa nell’anniversario della morte di Tantardini, per l’allora cardinale Bergoglio Don Giacomo costituiva una delle poche persone che frequentava durante i soggiorni romani. Dalle interviste su “30 Giorni” e ancora prima su “Il Sabato”, riviste pensate e gestite tra gli altri proprio da Don Tantardini, il futuro Papa Francesco incontrava un’umanità diversa e gioiosa nel responsabile di Cl a Roma.

«L’ultima immagine che ho di lui mi commuove: durante la cerimonia delle cresime a San Lorenzo fuori le Mura, con le mani giunte, gli occhi aperti e stupiti, sorridente e serio allo stesso tempo. Lì, pregammo per la sua salute… e lui ringraziò con un gesto che era di speranza di guarire e, allo stesso tempo, di affidamento», scrive l’allora cardinale Bergoglio sul settimanale “30 giorni” dopo la morte di Don Giacomo. Così, per grazia, continua il Pontefice, «si può perseverare nel cammino, fino alla fine: l’uomo–bambino si abbandona fra le braccia di Gesù mentre chiede che passi questo calice, e viene preso e portato in braccio, con le mani giunte e gli occhi aperti. Lasciandosi sorprendere ancora una volta, per il dono più grande. Ringrazio Dio nostro Signore di averlo conosciuto».

Nell’ultima omelia di Tantardini a San Lorenzo fuori le Mura il 31 marzo 2012, pochi giorni prima della sua morte, Bergoglio rimase colpito da quelle parole usate da Don Giacomo ormai prossimo a rivedere il Padre: «Com’è bello lasciarsi andare tra le braccia del Figlio di Dio». Come scrive poi nella prefazione odierna, «C’era tutta la sua vita e la sua predicazione in quelle dieci parole consegnate ai suoi amici e a tutti noi». Come conclude Borghesi nel suo ricordo dell’amicizia tra Papa Francesco e Tantardini, è una storia che non si esaurisce nel 2012 con la scomparsa del sacerdote brianzolo: «Tanti motivi che 30 Giorni ha posto al centro dell’attenzione ecclesiale, dagli anni 90 alla sua chiusura, dai rischi del pelagianesimo e dello gnosticismo, dal ripensamento agostiniano sul rapporto tra le due città fuori da manicheismi di sorta, al primato della grazia e del suo operare nel tempo, sono oggi presenti nel pontificato e nei documenti di papa Francesco». Il Santo Padre, concluse Borghesi per il nostro quotidiano, non ha dimenticato il suo amico incontrato in San Lorenzo, «Ne ha serbato la memoria più autentica affidando molte sue intuizioni alla Chiesa universale».