DOPO IL CENTENARIO AL VIA LA CAUSA DI BEATIFICAZIONE PER DON GIOVANNI MINZONI
Appena qualche settimana dopo la celebrazione per i 100 anni dalla morte in un agguato fascista, si apre a Ferrara la causa di beatificazione per Don Giovanni Minzoni, parroco di Argenta nel Ferrarese (sotto la diocesi di Ravenna-Cervia, ndr), uno dei sacerdoti che contribuirono con la propria fede ad una resistenza iniziale alla dittatura che sarebbe arrivata appena pochi anni più tardi. Ufficialmente l’evento di apertura effettiva della causa che “anticipa” la canonizzazione avverrà sabato 7 ottobre alle 20.45 con la santa messa in Cattedrale a Ravenna.
Si tratta per la figura storica di Don Minzoni della prima vera fase, quella diocesana, del lungo processo di beatificazione: se tutti gli atti verranno riconosciuti a quel punto l’intero dossier sarà trasferito in Vaticano presso il Dicastero delle cause dei santi. Con il centenario dal martirio del sacerdote il 23 agosto 2023 si era comunque già aperta formalmente la causa con l’accettazione da parte dell’arcivescovo di Ravenna, monsignor Lorenzo Ghizzoni, del “supplex libellus” ovvero la richiesta di avvio dell’inchiesta con postulatore padre Gianni Festa.
CHI È DON GIOVANNI MINZONI E PERCHÈ LA CHIESA VUOLE RENDERLO “BEATO”
Definito per anni il “Matteotti cattolico”, Don Minzoni venne ucciso in un agguato antifascista appena un anno dopo la Marcia su Roma, appena all’inizio del Ventennio: medaglia d’argento al valore militare per il servizio di cappellano svolto durante la prima guerra mondiale, sebbene ancora relativamente giovane (nato a Ravenna nel 1885) diede vita ad una profonda opera educativa una volta giunta ad Argenta nel 1910. Si iscrisse al Partito Popolare di Don Sturzo e negli anni del “disgelo” tra i cattolici e la politica italiana, Don Giovanni Minzoni era convinto che occorresse l’impegno di tutti per migliorare le condizioni delle classi meno abbienti e in generale di tutti i lavoratori
Nel suo diario, riportato in stralci dall’Avvenire con l’inizio della causa di beatificazione, Don Minzoni scriveva «Pensando al nostro clero, certo v’è poco da lusingarsi, che sappia corrispondere alla sua attuale missione. Giovani troppo spinti e indipendenti e quindi unità disgreganti; vecchi intransigenti pessimisti e quindi zavorra troppo pesante; sacerdoti interessati solo dell’oggi e della tavola, questi, mio Dio, sono gli alter Christus! Che devono rinnovare la società». Stava con i giovani, viveva per i giovani e si era opposto fin dall’inizio ai metodi e le battaglie delle prime squadre di fascisti nel Ravennate e nel Ferrarese: proprio questa sua posizione strenua gli “valse” la condanna a morte del regime. Aggredito da ben due squadroni delle camicie nere, morì a seguito delle enormi ferite riportate nell’agguato del 23 agosto di 100 anni fa.
ZUPPI: “DON MINZONI MARTIRE, UCCISO PERCHÈ TESTIMONE CRISTIANO”
«Egli è morto per amore, perché per amore di Dio e del suo popolo ha affrontato il male, difeso il Vangelo e donato la vita, consapevole dei rischi. Posto di fronte alla stretta finale, rispose: “Sono pronto a morire”»: così il Presidente della Cei e arcivescovo di Bologna, Card. Matteo Zuppi, nella santa messa a Ravenna per celebrare il centenario della morte di Don Minzoni. «Questa è la libertà del cristiano e del testimone», proseguì Zuppi, «cioè del martire, che non è un eroe, ma una persona che ama più delle sue paure e che non teme di entrare in conflitto con le ideologie totalitarie e neopagane, evidenti o nascoste, con chi calpesta la persona, qualsiasi essa sia, ovunque e sempre. Il cristiano distingue il peccato dal peccatore e non combatte il secondo pensando così di contrastare il primo, ma ama il peccatore proprio perché solo amando combatte il peccato».
Secondo il postulatore padre Gianni Festa, «L’auspicata beatificazione di don Minzoni non deve essere vista come un’onorificenza o un lustrino da inserire nel medagliere della santità della Chiesa locale», bensì come la prova dell’azione dello Spirito Santo continua nella storia dell’umanità e nella vita della Chiesa. «Ogni beato o santo canonizzato ci dice che il Signore non si dimentica dell’uomo», conclude il postulatore, «La vicenda e il martirio di don Minzoni ribadisce questa verità: fratelli e sorelle che continuano l’azione del Cristo sulla terra e lo fanno con tale amore e dedizione da rappresentare non solo un modello di vita ma anche un amico e amica a cui rivolgersi nella preghiera».