Monsignor Luigi Negri, vescovo emerito di Ferrara, è uscito nelle librerie con un nuovo saggio “Con Giussani. La storia & il presente di un incontro” (ed.Ares) in cui analizza a partire dalla propria esperienza personale la battaglia di Don Giussani per la fede “politica”. Alcuni stralci del libro sono stati pubblicati sotto forma di anticipazione da La Verità lo scorso sabato 13 febbraio 2021: Don Negri inizia così la sua trattazione “Nel 1965, in occasione del ventennale della Resistenza, nel quale si celebrava la fine del fascismo e la nascita della nuova società, ricordo che facemmo un numero speciale del nostro giornale, Milano studenti, che arrivava a una tiratura di ventimila copie.
Era presente un editoriale, che Giussani lesse e riprese in più interventi, nel quale si diceva: «Non ci basta più la libertà della Resistenza, facciamo resistenza per la libertà». Venivano poi segnalate anche le battaglie per le quali valeva la pena impegnarsi. Quella che era indicata come prioritaria rispetto a tutte le altre era la libertà di educazione perché un popolo cristiano che non è educato, o peggio, viene diseducato dalla scuola ideologizzata, perde la propria identità“. Secondo quanto scrive don Negri nel libro, “per Giussani l’educazione era davvero un punto imprescindibile tanto da sostenere all’infinito la formula «mandateci in giro nudi, ma lasciateci liberi di educare». Egli ha cercato di promuovere in tutti i modi la consapevolezza dell’importanza della libertà di educazione, in un mondo in cui né i laici né i cattolici sembravano rendersene conto; un mondo dove l’impostazione ideologica tendeva a identificare la scuola statale con la scuola pubblica, di fatto affermando che solo lo Stato avesse il diritto di educare, retaggio del totalitarismo risorgimentale prima, fascista poi e infine comunista“.
DON GIUSSANI E LA CHIESA “MADRE E MAESTRA”
Negri prosegue ammettendo che “da un punto di vista politico i risultati ottenuti sono stati forse modesti perché, se si escludono alcuni provvedimenti legislativi locali e qualche piccolo passo verso la parità scolastica, ancora oggi solo parzialmente realizzata, la società italiana è tra quelle in cui la libertà educativa risulta essere meno rispettata. Tuttavia, l’insistenza di Giussani per la lotta a favore della libertà di educazione ha avuto un risultato importantissimo: mobilitare migliaia di adulti, insegnanti e genitori, che, in nome della libertà di educazione, si sono sacrificati per dare vita o sostenere scuole libere, spesso pagando di tasca propria cifre imponenti per il bilancio delle famiglie“. Don Negri però mette in guardia: “Anche un grande movimento di popolo, come quello che ha originato tali importanti opere di carattere educativo, rischia di affievolirsi e ridimensionarsi fino a venir meno; non solo per le durissime condizioni di carattere economico, che in modo discriminatorio colpiscono maggiormente le scuole paritarie delle scuole statali, ma ancora di più per la perdita della memoria di quanto è stato generato a partire dal carisma di Giussani“. Secondo il fondatore di CL, scrive Negri, la Chiesa non poteva “vivere fino in fondo la propria natura senza essere «madre e maestra», senza prendere sul serio la propria responsabilità educativa“. A suo dire “la comunità era il luogo” dove “doveva essere fatta ai giovani una proposta di vita; dove essi dovevano essere aiutati a vivere la novità della vita cristiana non secondo un generico richiamo, ma attraverso un’esperienza autentica“. Questa doveva essere “«Chiara di fronte a chiunque», cioè senza indecisioni causate da eccessive remore o timori di urtare gli altri; «elementare nella comunicazione», cioè capace di coinvolgere la libertà dei ragazzi in un’azione concreta; «integrale nelle dimensioni», cioè capace di tenere insieme cultura, carità e missione; «comunitaria nella realizzazione», cioè sviluppata senza trascurare nessuno dei fattori costitutivi della comunità (l’adesione personale, le diverse funzioni e responsabilità, l’autorità, l’unità). Come si può educare a vivere la novità cristiana, se non favorendo il pieno riconoscimento del desiderio del vero, del bene, del giusto, di quell’insieme di esigenze ed evidenze del cuore che Giussani chiamava «esperienza elementare»?“.
DON GIUSSANI: L’INEVITABILE DIMENSIONE POLITICA DELLA FEDE
Monsignor Negri insiste ricordando: “Non bisogna dimenticare che, secondo la dottrina sociale della Chiesa, spesse volte richiamata proprio su questo punto da Giussani, l’educazione è affidata alla famiglia, poi in modo sussidiario alla Chiesa, ma non direttamente allo Stato. Giussani ha favorito, allora, lo sviluppo, a livello ecclesiologico, del concetto di dottrina sociale come difesa della libertà della Chiesa e del popolo, soprattutto assimilando e approfondendo il grande magistero di Giovanni Paolo II; ma non è stata solo una riscoperta teorica, perché ha saputo favorire la creazione di un numero davvero impressionante di opere. Penso che anche oggi non si possa pensare di proseguire sulla strada da lui avviata dimenticando il concetto di opera e pensando la fede in termini intimistici. Per questo, credo anche che la questione della politica non possa venire trascurata. La dimensione politica della fede è inevitabile perché, da una parte, è resa necessaria per la difesa della libertà della Chiesa, a partire dalla difesa della missione, dall’altra, coincide con un’espressione importante dell’amore al popolo che si realizza nelle opere. L’opera, infatti, non è solo un’iniziativa di carattere sociale perché, da un lato, esprime la capacità del singolo o del gruppo di interagire con i problemi reali, svolgendo nell’assunzione dei problemi reali tutte le capacità scientifiche, culturali delle quali si dispone; dall’altro, costituisce un àmbito di testimonianza e missione. Anche l’impegno per i diritti fondamentali, come il diritto alla vita, il principio di sussidiarietà o quello di solidarietà, non è qualcosa di secondario, perché questi, sebbene possano essere formulati diversamente a seconda delle circostanze, sono veramente diritti inalienabili, come ci ha ricordato Benedetto XVI, e quindi imprescindibili, se si vuole contribuire significativamente alla costruzione del bene comune. La missione coincide con questo impegno continuativo, che si rinnova ogni giorno, a investire tutte le circostanze della vita di quella umanità nuova, di quella mobilitazione nuova dell’intelligenza e del cuore che nasce dall’appartenenza a questa compagnia“.
Don Negri conclude: “Il popolo si realizza nella missione. Ripeteva spesso Giussani che Giacomo, Andrea e Giovanni, neanche per un momento, hanno pensato moralisticamente di cambiare vita; hanno piuttosto pensato di andare dietro all’Avvenimento più grande di loro che li aveva presi e li aveva portati magari dove non volevano. In questo seguire quello che avevano incontrato è poi scaturito inesorabilmente il cambiamento della loro vita. Se invece avessero preteso, come condizione necessaria per andare dietro al Signore, di cambiare, di non vivere più come gli altri, prima di seguire, non si sarebbero mossi. La missione è il grande movimento di autorealizzazione della Chiesa. In che cosa consiste il nesso straordinario tra Giovanni Paolo II e don Giussani? Certamente in un’affinità di temperamento, in un’ampiezza di cultura che per certi aspetti aveva visitato gli stessi grandi autori. Ma dove si radicano l’apertura intellettuale, la vivacità umana, il non clericalismo di Giovanni Paolo II e di Giussani? Nell’idea che la missione è il movimento che compie la Chiesa“.