Don Raffaele Grimaldi, con più di 20 anni di servizio nel penitenziario di Poggioreale a Napoli, è l’ispettore generale dei cappellani delle carceri per la Pastorale penitenziaria. E’ stato intervistato dai microfoni de L’Avvenire in occasione dei quattro giorni di incontro nazionale ad Assisi dal titolo “Lo vide e ne ebbe compassione. Dall’indifferenza alla cura”. Grimaldi spiega che la loro presenza nelle carceri non è per giudicare ma solo per aiutare. “A farli uscire dalle loro situazioni di sofferenza, di solitudine”.



E ancora: “Noi partiamo dal nostro essere cristiani e credenti. L’esempio più grande ce lo dà il Signore sulla croce, quando, morendo, dice al ladro pentito “ecco, tu oggi sarai con me in Paradiso”. Non solo, Cristo sulla croce perdona anche i Don Grimaldi: testimoni della tenerezza che aiuta i detenuti a staccarsi dal male suoi uccisori. Allora, più che mettere all’indice gli altri, siamo chiamati a educare la gente alla misericordia, all’accoglienza”, ricordando che nessuno di noi può essere giudice dell’altro visto che, come diceva Gesù “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”.



DON GRIMALDI: “NOI TESTIMONI DI TENEREZZA”

Don Grimaldi sottolinea come l’ingresso nelle carceri avviene senza pretesa ne per alcuna conversione o per addolcire cuori, “Entriamo come testimoni di tenerezza, di accoglienza, di dialogo. Così spesso troviamo l’accoglienza di chi è in carcere, perché non vede in noi persone che sono soltanto degli operatori, ma amici, persone che possono dare loro un grande aiuto”, anche se a volte, a causa della mancanza di persona, non si riesce in pieno ad esercitare il servizio pastorale. “Entriamo nel carcere come presenza, anche silenziosa, da coloro che vogliono vivere un cammino nuovo alla luce del Vangelo”, aggiunge.



Poi sottolinea che: “Sappiamo il dolore che incrociamo, che incontriamo tanta sofferenza. Ma noi cappellani, noi operatori, non possiamo non essere accanto ai detenuti e alla loro sofferenza, soprattutto aiutandoli non tanto a capire il male che hanno fatto, quanto dal male che hanno fatto a trovar il vero pentimento e il vero distacco dal male. Questo è il nostro obiettivo”, così come quello di far prendere coscienza che hanno commesso dei reati gravi, capendoli e rialzandosi, riprendendo il loro cammini per chiedere perdono da chi hanno offeso.

DON GRIMALDI: IL SUO SOGNO E UN ANEDDOTO

Don Grimaldi ha parlato anche del sovraffollamento delle carceri, un problema che persiste da anni, spiegando che la risposta la deve dare lo Stato “Noi possiamo solo dare sollecitazioni e chiedere iniziative, dialogare”, aggiungendo comunque che “Molti detenuti non dovrebbero stare in carcere, avrebbero bisogno di nuovi percorsi di reinserimento e soltanto questa prospettiva può aiutare molte carceri a uscire da questa situazione”.

In chiusura di intervista il parroco ha raccontato un episodio particolare che gli è capitato a Secondigliano “è stato quando un magistrato ha detto “don Raffaele, vista la tua risposta, possiamo dare la possibilità a un ergastolano di andare qualche ora a casa sua” ed è stato un momento di grande commozione spirituale, mi ha dato gioia e forza. Perché? L’istituzione ha visto in me soprattutto uno strumento per aiutare l’altro a riprendere in mano la sua vera libertà”. Don Grimaldi ha concluso così: “Il mio sogno? “Che le carceri non siano i “deserti del nulla”, ma davvero luoghi di rinascita e riscatto. Davvero preparando chi ha sbagliato a essere pienamente reinserito nel tessuto sociale”.