CENTENARIO DI DON MILANI: CHI È, LA STORIA E L’EDUCAZIONE

Si celebra oggi 27 maggio 2023 il centenario della nascita di Don Lorenzo Milani, il popolare sacerdote scomparso prematuramente all’età di 44 anni dopo una vita intera dedicata all’educazione, alla scuola e ai ragazzi della sua innovativa comunità di Barbiana. Lorenzo Carlo Domenico Milani Comparetti di nascita con famiglia benestante e borghese, si accorgerà ben presto che la sua vocazione è lontano da Firenze e soprattutto distante dagli “agi” della sua adolescenza: ebbe modo comunque di crescere attorniato da cultura e scienza, elementi che ritorneranno molto presto nella sua travagliata vita ecclesiastica.



Nel 1943 entra in seminario, senza che la famiglia approvasse la sua scelta religiosa, Don Milani entra in seminario cambiando per sempre la sua vita (e non solo quella): nell’ottobre 1947 viene nominato cappellano nella parrocchia di S. Donato a Calenzano, alle porte di Firenze dove getta le basi per quella che sarà poi la vera consacrazione come educatore in grado di rivoluzionare la scuola nel Novecento. Scomodo e “provocatore”, Don Lorenzo Milani venne nominato Priore di Barbiana, una piccola parrocchia di montagna vicino a Mugello (Toscana), presso la quale giunse nel dicembre 1954. È qui che mette in pratica l’unione delle sue due cifre fondamentali: la fede e la cultura, al servizio dell’educazione. Comprese che la scuola era il vero mezzo per colmare il “fossato” culturale per i più poveri delle classi disagiate. Predicava il Vangelo per insegnare con Gesù che si è uguali solo perché si è tutti liberi, singolarmente validi agli occhi del Signore.



DON MILANI E BARBIANA: COME HA RIVOLUZIONATO LA SCUOLA ITALIANA

È a Barbiana che Don Milani diventa a suo modo “famoso”: nell’angolo più sperduto d’Italia costruisce letteralmente da zero una scuola popolare per i figli giovanissimi di contadini e operai della zona: parte dall’emarginazione per elevare i propri studenti alla cultura concreta della vita. Don Milani aiuta quei ragazzi a liberare la propria dignità: anche se ancora negli anni Sessanta, a Barbiana si studiano le lingua straniere come l’inglese, il francese, il tedesco e persino l’arabo. Si organizzano viaggi di studio e lavoro all’estero, anticipando di decenni le innovazioni più importanti della scuola italiana fino a quel tempo invece rigida a indottrinata ai dettami dell’Ottocento, inizio Novecento.



Nella scuola di Don Milani si “studia” 12 ore al giorno, 365 giorni l’anno: si studia le materie “classiche” ma si lavora, si gioca e si sta insieme, si recita teatro per provare a superare le timidezze e “barriere” personali. Don Lorenzo insegna loro la fede ma in maniera innovativa: lo fa leggendo il Vangelo sì ma senza alcun indottrinamento, insegna la vita di Gesù vivendola sulla sua stessa pelle e facendola vivere ai propri ragazzi. Il motto “I care” (mi riguarda, mi sta a cuore, mi prendo cura) cambierà per sempre Barbiana e così la scuola in generale: avvicinando studenti e insegnanti in quanto tutti impegnati con le difficoltà della vita, Don Milani scommette sull’educazione come reale cifra in grado di migliorare per davvero le condizioni della società.

IL “RISCHIO EDUCATIVO”, IL LASCITO DI DON MILANI

Con “Lettera a una professoressa” nel 1967 Don Lorenzo Milani compie il suo “testamento” spirituale ed educativo più importante: il libro è rivoluzionario e “scomodo”, come lui stesso. Denuncia l’arretratezza e la disuguaglianza presenti nella scuola italiana che fino a quel momento aveva quasi scoraggiato i più fragili e deboli: introduce il principio di solidarietà, di sussidiarietà attaccando invece i principi classisti e “rigidi”. A parte Pasolini, nessuno colse la genialità di quel testo che infatti venne apprezzato solo dopo la morte di Don Milani, giunta prematuramente per via della grave malattia del morbo di Hodgkin.

Era il 26 giugno del 1967 quando Don Lorenzo lasciava questo mondo: viene seppellito, su sua stretta richiesta, nel piccolo cimitero di Barbiana con i paramenti sacri e gli scarponi da montagna: nella sua ultima lettera scrive «Ho voluto più bene a voi che a Dio, ma ho la speranza che lui non stia attento a queste sottigliezze e abbia scritto tutto al suo conto». Così come un altro geniale sacerdote educatore del Novecento italiano, Don Luigi Giussani, Don Milani ha saputo puntare tutto sull’educazione, ha colto la grandezza del “rischio educativo” come unica via per introdurre alla realtà le giovani (e non solo) generazioni. Per Don Milani l’adulto deve vigilare sul giovane che ha di fronte essendo però disponibile a lasciare che lui conquisti la sua autonomia: occorre rischiare sull’educazione e non indottrinare con la “propria”: educare lasciandosi educare, come raccontava Papa Francesco in una delle sue prime uscite da Pontefice appena nominato nel 2013 «Nell’educare c’è un equilibrio da tenere, bilanciare bene i passi: un passo fermo sulla cornice della sicurezza, ma l’altro andando nella zona a rischio. E quando quel rischio diventa sicurezza, l’altro passo cerca un’altra zona di rischio. Non si può educare soltanto nella zona di sicurezza: no. Questo è impedire che le personalità crescano».