Non torneremo alla normalità”, a dirlo è Don Luigi Epicoco. Il prete nonché scrittore, nel corso di una intervista concessa a Dedicato, lo spin-off di Unomattina Estate condotto da Serena Autieri, ha parlato degli effetti che la pandemia di Covid-19 ha avuto sulla popolazione, tra fede e paura.

Un ritorno al mondo come era prima non è possibile. È questa l’amara consapevolezza di Don Luigi Epicoco. “La sofferenza c’è e vorremmo scappare da essa attraverso alcune strategie. Una di queste è credere che presto tornerà la normalità, ma ciò non avverrà mai. Alla fine della pandemia ci sarà altro, perché c’è stata un’evoluzione”, ha spiegato. I cambiamenti più rilevanti sono già evidenti nei rapporti gli uni con gli altri. “È cambiato il rapporto con il nostro corpo e con quello degli altri, sono cambiate le relazioni”. La fragilità, in questo periodo, fa da padrona alle anime. “Viviamo in una narrazione culturale secondo cui essa è brutta, ma in realtà è un aspetto umano con cui dovremmo riconciliarci. Non dovremmo più maledirla, ma integrarla nella nostra vita. Non siamo sempre vincenti”. È anche per questa ragione che bisogna integrare l’idea della morte, accettando di averne paura. “Se essa continua a comandarci abbiamo già smesso di vivere”. Un concetto trasmesso già da Gesù nei Vangeli, dove non venne censurata la sua paura della morte. “È normale temere la mancanza totale di controllo, un atto di abbandono che ci immobilizza”.



Don Luigi Epicoco, la storia del prete

Don Luigi Epicoco ha soltanto quarant’anni ed è originario della Puglia. Il suo percorso di fede è iniziato molto presto, quando aveva quattordici anni. “I miei genitori erano cristiani non praticanti, io ero l’unico che frequentava la parrocchia”, ha raccontato a Dedicato. È anche per questa ragione che la volontà di iniziare il sacerdozio li ha fatti sobbalzare. “Sia la mia famiglia, sia il mio parroco, mi dissero di no perché credevano fossi troppo piccolo”. La svolta, tuttavia, arrivò quando il padre acconsentì, ma ad un patto. “Mi disse che se volevo avrei dovuto farlo, ma con la promessa che sarei tornato nel caso in cui mi fossi accorto che non era la mia strada”.



Il sacerdote diventò tale a L’Aquila. Lì i primi momenti difficili, con il terremoto del 2009 vissuto da vicino. “Ero nella parrocchia degli universitari. Ho perso tante persone care. Su 310 vittime, ben 54 erano ragazzi della nostra comunità. Molti di loro li avevamo visti poco prima alla messa”, ha raccontato. In molti, in casi come questi, si domandano come Dio possa permettere tali tragedie. In un intervento a Nemo – Nessuno escluso, Don Luigi Epicoco provò a rispondere a tale quesito. Il monologo fece il giro del web. “Più che trovare delle risposte, possiamo trovare il modo giusto per porci queste domande. L’amore non ci toglie tutto quello che è la parte difficile della vita, ma diventa il motivo per la quale vale la pena continuare a vivere”.



Don Luigi Epicoco e il libro con Papa Francesco

Il nome di Don Luigi Epicoco è saltato agli onori di cronaca nel recente periodo poiché autore del libro “San Giovanni Paolo Magno”, che racchiude i racconti e le riflessioni di Papa Francesco su Giovanni Paolo II. “È un uomo”, questo il complimento che il prete vuole fare al Pontefice. “Sta vivendo la pandemia come tutti gli altri. Ha sofferto la distanza coi fedeli, perché ha bisogno della gente. Allo stesso tempo, è riuscito ad avere l’umiltà di accettare le indicazioni su come prudentemente bisogna vivere e a trasformare questa disgrazia in una occasione”. L’immagine a Piazza San Pietro, da solo, ha mostrato l’emblema della sua umanità. “È riuscito a ricordarci che questo è un momento di conversione. In questo momento difficile bisogna tirare fuori il meglio di noi, non il peggio”, ha concluso.