LA TESI DI DOTTORATO DI DON LUIGI GIUSSANI SUL TEOLOGO PROTESTANTE NIENBUHR
Il destino dell’uomo, il senso del limite, l’umanità in rapporto alla fede e una realtà che rischia di “annullare” la personalità se ricolma di ideologia: tanti dei mali moderni erano stati colti con brillantezza da Don Luigi Giussani, Servo di Dio e fondatore del Movimento di Comunione e Liberazione, all’età di 31 anni nella sua tesi di dottorato discussa al Seminario di Venegono il 23 giugno 1954. L’occasione di rileggere quelle pagine inedite è dovuta alla pubblicazione in questi giorni del libro per San Paolo dove è possibile immergersi nell’intera tesi di dottorato dal titolo “Il senso cristiano dell’uomo secondo Reinhold Niebuhr”. Prendendo spunto dalla teologia e analisi dell’autore protestante americano (1892-1971), Don Giussani prende spunto per una profonda analisi antropologica cristiana che indaga a fondo l’intera realtà contemporanea e futuro: un primo vero contributo alla cultura di una lunga serie di saggi – da “Il senso religioso” al “Il senso di Dio e l’uomo moderno” – dove si coglie già lo stile profondamente “carnale” e inedito del geniale educatore brianzolo.
Come scrive l’arcivescovo di Milano, Mons. Mario Delpini, nella prefazione al testo in uscita (anticipata su “Avvenire”, ndr) «La riflessione teologica, segnata dalla sua origine drammatica, dall’ironia che scalfisce la presunzione, si sviluppa per ardui percorsi speculativi e sistematici sui quali don Giussani si accompagna con attenzione coinvolgente perché i temi di Niebuhr non sono privi di particolari risonanze nella sensibilità di don Giussani». Già nella sua fase giovanile, il procedere del sacerdote ed insegnante ripercorre una instancabile ricerca del vero, una radicale analisi dei criteri che albergano da sempre nel cuore dell’uomo: il vero, il bello, il giusto, il desiderio, e così via. Per quella tesi di dottorato Don Giussani ricevette il punteggio massimo con tanto di lode e divenne una delle figure più istrioniche e culturalmente elevate che mai abbiano calcato il Seminario della Diocesi di Milano a Venegono.
LA “PROFEZIA” DI DON GIUSSANI SUI MALI DELLA MODERNITÀ SCRITTA NEL 1954
Nel brano pubblicato da “La Verità” per l’occasione dell’uscita del libro, si intravede con chiarezza i segni di una “profezia” futura circa i mali della modernità: pur condividendo lo spirito critico e ironico del teologo protestante, Don Luigi Giussani è come se “leggesse” in Niebuhr tutta la cultura modernista “in potenza” poi effettivamente sviluppatasi dagli Usa in tutto l’Occidente molti anni dopo la tesi di dottorato del fondatore di CL. «Ultimamente, per me, era l’interesse ecumenico. Infatti io mi preoccupavo per “La Scuola Cattolica” del settore ecumenico. Poi ho notato che vent’anni di pensiero teologico americano sono stati dominati da Niebuhr», racconta lo stesso Giussani nel volume dedicato alla vita del Seminario, citato dalla curatrice del libro in uscita, Monica Scholz-Zappa. Profondità filosofica e grande spirito religioso teologico, per questo Don Giussani venne colpito da Niebuhr anche se non gli risparmiò una forte critica di fondo: l’anima protestante rischiava di portare, alle estreme conseguenze, «da una parte ad una eliminazione del trascendente, dall’altra ad uno sgretolamento dell’oggettività del fondamento biblico», scrive lo stesso sacerdote nella sua tesi di dottorato.
La conseguenza di questi atteggiamenti però portò, secondo Don Giussani, alla considerazione poi “diffusa” in larga parte dell’Occidente (con echi anche in alcune parti della Chiesa, ndr) per cui «nulla di Dio è definibile in concetti razionali: definire, infatti, è limitare, e Dio è al di là d’ogni termine, d’ogni definizione». In questo modo, critica fortemente il Servo di Dio Don Luigi Giussani, «alla mediazione del concetto fu sostituita l’immediatezza dell’“incontro”, al dinamismo dell’astrazione e dell’intuizione intellettiva l’esperienza esistenziale: ecco lo strumento costruttivo della nuova metafisica». Nelle filosofie moderne si aggiunse poi un ulteriore rischio legato alla diminuzione, se non proprio “annullamento” dell’individualità: «l’individuo o è un nulla o diviene il tutto». Ciò crebbe nella modernità del Novecento, fino ai giorni nostri, alla ricerca di un “super-individuo” che potesse incarnare tutto, potesse giungere realmente alla felicità: «Questo individuo collettivo allora soppianta il singolo individuo come centro dell’esistenza e sorgente del senso della realtà». Secondo Giussani invece, recuperando appieno il valore profondo della dottrina cattolica, l’esistenza dell’uomo non può essere “partecipante” esteriormente della natura divina, bensì «L’elemento divino viene, per così dire, trovato dalla natura umana nell’esistenza grazie a quella capacità obedienziale che è la definizione profondamente teologica della disponibilità radicale che lo spirito creato ha di fronte al creatore». L’essenza umana, concluderà Don Giussani nella sua tesi, è stata creata da Dio «come una grande attesa» di qualcosa che è però già avvenuto, di una promessa già manifestata con la Resurrezione di Gesù.