La diretta odierna di Storie Italiane si è aperta con la vicenda capitata a Don Luigi Merola, il sacerdote che si è sempre battuto contro i clan camorristi e che vive (ormai da vent’anni) sotto scorta. Nella nottata, infatti, la sua auto di servizio è stata danneggiata da alcuni ignoti che hanno sfondato i vetri della macchina e rubato il lampeggiante della polizia. “Non è la prima volta che capita”, racconta lo stesso Don Mercola in un post condiviso su Facebook dalla Fondazione ‘A voce d’ ‘e creature, che dirige, ribadendo che “la Chiesa deve avere il coraggio di dire che chi appartiene a ogni forma di criminalità è fuori dalla comunione di Dio”. Immediato il sostegno da parte del deputato Francesco Emilio Borrelli, che parla di un “gesto vile come nella tradizione della criminalità, di fronte al quale l’unica risposta è proseguire senza sosta l’attività di contrasto alla criminalità organizzata”.
Don Luigi Merola: “Ho detto no alla messa alla prova di alcuni ex mafiosi”
Parlando dell’accaduto a Storie Italiane, Don Merola ribadisce che “è successo quello che può succedere a chi è impegnato in questo campo, tra disagio minorile e contrasto alle baby gang di Napoli… Qualcuno che mi vuole troppo bene ha voluto aggredire la nostra auto di servizio rompendo tutti i vetri e rubando il lampeggiante blu. La polizia sta facendo le indagine e domani”, sostiene Don Merola che non sembra affatto intimidito, “andrò anche da Gratteri che mi ha convocato: c’è massima attenzione da parte dello stato e andiamo avanti. Dobbiamo andare avanti”, promette.
Imbeccato se ci sia stato un qualche evento scatenante, il parroco anti-mafia racconta che “quando ho fatto denuncia ho riferito che nell’ultimo periodo la nostra fondazione aveva la messa alla prova di tante persone che dovevano uscire dal carcere. Ho detto no”, sottolinea Don Merola, “a diversi che appartengono ai clan, perché non potevo accettare che questi tornassero a comandare e venissero presso la mia sede. In quella strada un paio di mesi fa abbiamo sventato un tentativo di rapina, avranno visto la macchina e l’avranno riconosciuta facendo questo dispetto. Si possono ipotizzare tante cose”, conclude ridendo, “perché sono parecchio impegnato e non sono ancora andato in pensione”.