Don Gino Rigoldi è il cappellano del carcere minorile Beccaria, ed è tornato a parlare dell’evasione di sette adolescenti il giorno di Natale, specchio di una questione molto più grande insita nel carcere. “Erano degli adolescenti che in un pomeriggio pieno di buio, di nebbia e di pioggerella hanno visto che in un angolo della recinzione in legno, che separava il loro cortile da un altro cortile, c’era un buco – ricostruisce in collegamento a Di Buon Mattino, in onda su Tv2000 – Due colpi e si è fatto il buco, ci è voluto un minuto per disegnare l’avventura e via, fuori tutti e sette. Sono andati il giorno di Natale dove disideravano andare a trovare qualcuno, qualche amico oppure qualche famiglia”.



Don Rigoldi riconosce che “si sono resi conto abbastanza velocemente che l’avventura era precaria, che non sarebbe durata. Un po’ qualcuno ha chiamato, qualcuno è andato dalla nonna, qualcuno si è fatto trovare e sono tornati tutti indietro”. Su questa vicenda Don Rigoldi ha le idee molto chiare. Con lucidità spiega che “non è questa fuga il dramma del Beccaria. Il dramma è che sono anni che manca il riconoscimento del bisogno, delle potenzialità, e gli strumenti affinché queste potenzialità diventino scuola, teatro, formazione. Qualche volta anche diventino cura, perché abbiamo diversi ragazzini che hanno una grande sofferenza psichica e psichiatrica”.



Don Rigoldi, “noi abbiamo bisogno di rinascere. E di un direttore fisso”

Don Gino Rigoldi, cappellano al carcere minorile Beccaria, in collegamento telefonico con la trasmissione Di Buon Mattino spiega che “lì vediamo la sofferenza e lì dobbiamo cominciare ad aiutarli e a risolvere questo problema sempre più diffuso, sempre più numericamente impegnativo”. E vuole raccontare di quando “l’altro giorno si è incendiata una stanza dell’infermeria, ma dentro c’era un ragazzino con una sofferenza psicologica. O gli dai delle gocce oppure ci parli, ci ragioni, senti le sue proteste. Poi può capitare questo gesto qui, ma loro sono dentro a un percorso di adolescenza”. Come istituzioni e come persone afferma che “noi abbiamo bisogno di rinascere, e pensare a come si fa ad avere cura dei ragazzi molto meglio di adesso, con la gente che abbiamo, sperando che arrivino altri agenti penitenziari e altri educatori. E che arrivi un direttore fisso”.



Don Rigoldi spiega che “pressoché tutti i nostri ragazzi hanno una situazione familiare problematica, qualcuno la famiglia non ce l’hanno mai avuta e sono in cerca di qualche collocamento. Noi dobbiamo farcene carico e tirare fuori le risorse per dare loro quel minimo di agibilità, di casa, di compagnia, di lavoro”.