Donato Bilancia è considerato il serial killer più feroce della storia italiana. Morto nel 2020 all’età di 62 anni, dopo aver contratto il Covid, ha seminato sangue e terrore tra Liguria e Piemonte commettendo 17 omicidi in appena 6 mesi, dall’ottobre 1997 all’aprile 1998. La sua storia è singolare e controversa, al centro di un documentario intitolato Le tre vite di Donato Bilancia e in onda alle 23:20 di oggi, mercoledì 28 agosto 2024, su Rai 3 in seconda serata.
Fino all’età di 46 anni, infatti, Donato Bilancia non avrebbe mai manifestato condotte violente, sebbene avesse già alle spalle una parabola come ladro e giocatore d’azzardo, ed è solo da allora che sarebbe diventato un assassino seriale. Per i delitti, secondo la ricostruzione del suo ritratto criminale, ha usato sempre la stessa arma: una Smith & Wesson calibro 38.
La stessa pistola con cui ha ucciso 9 uomini e 8 donne tra metronotte, biscazzieri, prostitute, sconosciuti incontrati per caso durante i suoi spostamenti lungo una scia di sangue che ancora oggi suscita orrore e interrogativi. Noto anche come “mostro dei treni“, al pm che lo interrogò dopo l’arresto disse semplicemente “Penso di essere un folle“. Un uiomo qualunque diventato uno degli assassini più spietati dell’Europa intera.
Donato Bilancia, chi sono le vittime del serial killer
“La mia consecutio temporum“. Così Donato Bilancia, noto anche come “serial killer delle prostitute” o “mostro dei treni”, avrebbe definito la scia di sangue di cui fu responsabile tra l’ottobre 1997 e l’aprile 1998, 6 mesi in cui uccise 17 persone. Si faceva chiamare Walter, respingendo le sue origini meridionali, e l’escalation di violenza del suo percorso – da ladro dedito a piccoli furti e giocatore d’azzardo ad assassino seriale all’età di quasi 50 anni – costituisce un vero e proprio enigma per la criminologia.
Le vittime di Donato Bilancia furono 9 uomini e 8 donne. Mai nessuno, prima di lui nella storia italiana, ha assassinato così tante persone in poco tempo. Le prime 3 uccise per vendetta nell’ambiente delle bische clandestine, a segire un metronotte, 2 guardie giurate, una coppia di gioiellieri, 4 prostitute, un benzinaio, 2 giovani donne scelte a caso sui treni lungo la tratta da Genova-Ventimiglia-Verona. La morte di Giorgio Centenaro, prima vittima, inizialmente fu attribuita a cause naturali ma fu proprio Donato Bilancia a confessare il delitto.
Sotto il fuoco della sua pistola poi morirono Maurizio Parenti e la moglie Carla Scotto, uccisi in casa al ritorno dal loro viaggio di nozze, Bruno Solari e Maria Luigia Pitto, orefici, il cambiavalute Luciano Marro, il metronotte Giangiorgio Canu, le prostitute Stela Truya e Ljudmyla Zubskova, il cambiavalute Enzo Gorni. E ancora Massimiliano Gualillo e Candido Randò, metronotte.
L’identikit che avrebbe portato a lui fu possibile grazie alla testimonianza di Lorena, prostituta trans con cui si era appartato e che credeva di aver ammazzato. Lei si salvò fingendosi morta e diede preziosi indizi agli inquirenti per tracciare un primo profilo dell’aggressore. Uccise poi la prostituta Tessy Adodo. Il giorno di Pasqua del 1998, salito su un treno sparò all’infermiera Elisabetta Zoppetti.
Il delitto che segnò la svolta con l’innesco del panico nel Paese: il killer colpiva a caso sui treni, quindi in luoghi nei quali avrebbe potuto essere scoperto. Poco dopo, a morire fu la prostituta Kristina Valla, poi ancora su un treno l’omicidio di Maria Angela Rubino, baby sitter. L’ultima vittima di Donato Bilancia fu il benzinaio Giuseppe Mileto.
Genesi di un serial killer, Donato Bilancia al pm: “Penso di essere un folle”
Cosa scattò nella mente di Donato Bilancia e portò alla genesi del serial killer? “Un patatrac”, come lo avrebbe dipinto lui stesso, dentro una bisca. Un giorno, stando alla ricostruzione dei fatti riportata dal Corriere della Sera, avrebbe sentito parlare Maurizio Parenti, fino ad allora ritenuto un amico, parlar male di lui con Giorgio Centanaro. Quel “tradimento” e la perdita di una ingente somma di denaro al gioco d’azzardo avrebbero acceso la miccia dell’orrore.
Le parole di Donato Bilancia davanti al pm, nel corso della confessione cristallizzata dopo il suo arresto nel maggio 1998, non furono capaci di fare piena luce sull’enigma della sua parabola criminale: “Dal punto di vista delle motivazioni, niente, io penso di essere un folle, ma un folle lucido credo. Son convinto che in me qualcosa non va perché non si può fare una cosa di questo tipo, comunque sono responsabile di tutto quello che mi viene accreditato“.