A Storie Italiane il caso di Donato Monopoli, il giovane ragazzo di 26 anni morto dopo sette mesi di coma a seguito di un pestaggio in una discoteca di Foggia nel 2018: “L’ho visto l’ultima volta alle 11:00 di sera – le parole di Donata la mamma del ragazzo deceduto – mi disse che ci saremmo visti fra un po’, poi ci siamo andati un bacio, è sceso le scale e non ci siamo più visti. Dopo sette mesi è tornato in una bara”. Ieri c’è stata l’udienza e si è deciso di prorogare la sentenza a giugno: “E’ stato un dolore – ha spiegato il padre Giuseppe – non ci aspettavamo questa riduzione di pena, siamo passati a 14 anni”.
“La richiesta iniziale era di 30 anni – ha continuato il papà di Donato Monopoli – poi siamo passati a 21 e 6 mesi e quindi con una ulteriore riduzione a 14 anni. Non so se la vita di un ragazzo può valere 14 anni. Ieri abbiamo subito l’ennesimo colpo duro. La vita nostra è finita il 6 ottobre del 2018, siamo fermi a quel 6 ottobre e subire questo colpo è stato non indifferente. Hanno detto che sarebbe morto per un problema dalla nascita, un aneurisma congenito, ma lui faceva sempre sport ed era sempre sotto controllo. Poi hanno dato colpe all’ospedale”.
DONATO MONOPOLI, LA MAMMA: “L’HANNO COLPITO MENTRE ERA INERME A TERRA”
Di nuovo Donata, mamma del povero Donato Monopoli: “Sono due i ragazzi imputati, coetanei di mio figlio ma non si conoscevano. La lite è nata per futili motivi, mio figlio si è trovato un cocktail addosso ed ha li è iniziato tutto. E’ stato colpito l’amico di mio figlio e Donato è intervenuto per sedare la lite ma si è trovato un ragazzo che gli ha dato due pugni, mio figlio è caduto a terra, lui si è seduto a cavalcioni sopra ed ha continuato a picchiarlo su un corpo inerme che non si vedeva”.
“L’ambulanza è arrivata subito e i primi soccorsi ci avevano detto che mio figlio sarebbe morto quella morte. E’ sempre stato in pericolo di vita in sette mesi, è rimasto un vegetale, ha lottato fino alla fine come un leone ed ha sofferto tanto, e noi siamo stati con lui, non l’abbiamo mai lasciato. Era una semplice serata di divertimento. Loro sapevano dove colpire, facevano arti marziali – ha proseguito la donna – non ci hanno mai chiesto perdono, mai avuto da parte loro un segno di pentimento, niente, solo silenzio”.